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Ricovero in RSA: la madre non autosufficiente ma il padre si oppone. Chi decide?

La decisione sul ricovero in una Residenza Sanitaria Assistenziale (RSA) di un genitore non autosufficiente, soprattutto in presenza di un conflitto tra i familiari (ad esempio, il padre si oppone mentre i figli sono favorevoli), è una situazione complessa che richiede un approfondimento giuridico. La legge italiana mira a tutelare innanzitutto gli interessi e la dignità della persona non autosufficiente, prevedendo strumenti che consentono di prendere decisioni nel suo esclusivo interesse, anche in caso di disaccordo familiare.


Come si protegge una persona non autosufficiente?

Quando una persona non è più in grado di provvedere autonomamente ai propri interessi (a causa di infermità fisica o psichica, come nel caso di non autosufficienza grave), la legge prevede diversi strumenti di protezione giuridica:

  1. Amministrazione di Sostegno (ADS):

    • È lo strumento privilegiato dalla legge italiana, in quanto è il più flessibile e meno invasivo.
    • Scopo: Tutelare persone che, per infermità o menomazione fisica o psichica, si trovano nell’impossibilità, anche parziale o temporanea, di provvedere ai propri interessi.
    • Procedura: La richiesta di Amministrazione di Sostegno si presenta con ricorso al Giudice Tutelare del luogo di residenza del beneficiario. Possono presentarla il beneficiario stesso, il coniuge, la persona stabilmente convivente, i parenti entro il quarto grado, gli affini entro il secondo grado, il pubblico ministero o i responsabili dei servizi sociali e sanitari.
    • Ruolo del Giudice Tutelare: Il Giudice, dopo aver ascoltato la persona da tutelare e raccolto informazioni (anche tramite CTU medico-legale), nomina un Amministratore di Sostegno (spesso un familiare, ma può essere anche un estraneo o un professionista) e definisce nel decreto di nomina quali atti l’Amministratore può compiere da solo (rappresentanza) e quali il beneficiario può compiere solo con l’assistenza dell’Amministratore. Per tutti gli atti non previsti dal decreto, il beneficiario conserva la propria capacità di agire.
    • Rilevanza per il ricovero in RSA: Se il decreto dell’ADS prevede che l’Amministratore possa decidere sul luogo di residenza o sulle cure sanitarie, allora sarà l’Amministratore, con l’eventuale autorizzazione del Giudice Tutelare (se prevista dal decreto per quella specifica decisione), a decidere in merito al ricovero in RSA, sempre nel superiore interesse del beneficiario.
  2. Interdizione:

    • È lo strumento più restrittivo, applicabile solo quando l’Amministrazione di Sostegno non è sufficiente.
    • Scopo: Tutelare persone che si trovano in uno stato di abituale infermità di mente che le rende incapaci di provvedere ai propri interessi.
    • Procedura: La richiesta di interdizione si presenta al Tribunale. Se pronunciata, la persona viene dichiarata “interdetta” e perde totalmente la capacità di agire (salvo gli atti di vita quotidiana). Viene nominato un tutore che compie tutti gli atti in nome e per conto dell’interdetto, previa autorizzazione del Giudice Tutelare per gli atti di straordinaria amministrazione.
    • Rilevanza per il ricovero in RSA: Il tutore ha il potere di decidere sul ricovero in RSA, sempre con l’autorizzazione del Giudice Tutelare, qualora si ritenga che sia nell’interesse dell’interdetto.
  3. Inabilitazione:

    • Meno grave dell’interdizione, si applica a persone con infermità di mente non così grave da giustificare l’interdizione, o a coloro che per prodigalità o abuso di bevande alcoliche/stupefacenti espongono sé stessi o la famiglia a gravi pregiudizi economici.
    • Procedura: Si richiede al Tribunale. Viene nominato un curatore che assiste l’inabilitato per gli atti di straordinaria amministrazione (come la vendita di beni immobili o l’assunzione di obbligazioni importanti), mentre per gli atti di ordinaria amministrazione l’inabilitato rimane capace.
    • Rilevanza per il ricovero in RSA: Raramente l’inabilitazione è lo strumento principale per decidere il ricovero in RSA, a meno che questo non rientri in un atto di straordinaria amministrazione per il quale è prevista l’assistenza del curatore.

Chi decide in caso di conflitto familiare (es. padre vs figli)?

Quando sorge un conflitto familiare riguardo alla decisione del ricovero in RSA di un genitore non autosufficiente, la soluzione non può essere trovata con la prevalenza del volere di una parte sull’altra. L’unico soggetto che può dirimere la controversia e prendere una decisione vincolante, nel superiore interesse della persona non autosufficiente, è il Giudice Tutelare (nel caso di Amministrazione di Sostegno) o il Tribunale (nel caso di interdizione).

  • Ruolo del Giudice Tutelare (nell’ADS): Se è già stata nominata un’Amministrazione di Sostegno, e il decreto prevede che l’Amministratore debba chiedere l’autorizzazione del Giudice per decisioni così importanti come il ricovero in RSA, sarà il Giudice a valutare la situazione. Il Giudice ascolterà le parti (il padre che si oppone, i figli favorevoli, l’Amministratore di Sostegno) e, se necessario, disporrà una consulenza tecnica d’ufficio (CTU) per valutare le reali condizioni di salute e il grado di autosufficienza della persona, nonché la sua volontà (se ancora in grado di esprimerla). La decisione del Giudice sarà basata esclusivamente sul migliore interesse del beneficiario.
  • Assenza di strumenti di protezione: Se non è ancora stata attivata alcuna misura di protezione (ADS, interdizione), e i familiari sono in disaccordo sul ricovero, è necessario che chiunque abbia un interesse legittimo (quindi anche i figli, se il padre si oppone irragionevolmente agli interessi della madre) presenti un ricorso al Giudice Tutelare per la nomina di un Amministratore di Sostegno. Sarà poi il Giudice, attraverso la procedura di nomina dell’ADS, a valutare la necessità del ricovero e a impartire le direttive all’Amministratore che verrà nominato.

In sintesi, la volontà di un familiare (es. il padre) non può prevalere sugli interessi e la salute del coniuge non autosufficiente se questa volontà non è oggettivamente nel suo migliore interesse. Il Giudice Tutelare è la figura chiave per risolvere queste controversie.


Ricovero in RSA: chi paga la retta?

La questione del pagamento della retta di una RSA è complessa e spesso fonte di contenziosi. In linea generale, il principio è che la retta è a carico della persona ricoverata e, in subordine, dei suoi familiari più stretti.

La retta della RSA è generalmente divisa in due componenti:

  1. Quota sanitaria: Copre le spese relative all’assistenza medico-infermieristica e riabilitativa. Questa quota è quasi sempre a carico del Servizio Sanitario Nazionale (SSN), quindi indirettamente della collettività tramite le ASL/ATS.
  2. Quota sociale/alberghiera: Copre le spese relative al vitto, all’alloggio, all’assistenza alla persona (igiene, vestizione, ecc.) e ad attività ricreative. Questa quota è di norma a carico dell’utente e/o dei suoi familiari.

Ordine di responsabilità per la quota sociale/alberghiera:

  1. La persona ricoverata: La retta è prioritariamente a carico della persona non autosufficiente stessa, utilizzando le sue rendite (pensione, affitti) e il suo patrimonio.

  2. I familiari “obbligati agli alimenti”: Se il reddito e il patrimonio della persona ricoverata non sono sufficienti a coprire interamente la quota sociale, la legge italiana prevede che siano chiamati a contribuire i familiari “obbligati agli alimenti” secondo l’Art. 433 del Codice Civile. Questi sono, nell’ordine:

    • Il coniuge.
    • I figli (legittimi, legittimati, adottivi e naturali).
    • Gli ascendenti (genitori, nonni).
    • I generi e le nuore.
    • Il suocero e la suocera.
    • I fratelli e le sorelle.

    Importante: L’obbligo alimentare non significa che i familiari debbano coprire l’intera retta se non ne hanno la capacità economica. La loro contribuzione è proporzionale alle loro capacità economiche e viene valutata in base all’ISEE socio-sanitario del nucleo familiare del beneficiario e del nucleo familiare dei singoli obbligati. Ogni Regione e Comune ha proprie delibere e regolamenti che definiscono le soglie di reddito e patrimonio oltre le quali scatta l’obbligo di integrazione e l’entità della contribuzione.

Intervento dei Comuni: Quando il patrimonio della persona e il contributo dei familiari non sono sufficienti, o i familiari non sono in grado di provvedere, l’integrazione della quota sociale può essere richiesta al Comune di residenza della persona non autosufficiente. È l’ente locale, attraverso i servizi sociali, a valutare la situazione economica e a integrare la retta in base alle proprie disponibilità e regolamenti.

Consigli utili:

  • ISEE socio-sanitario: È fondamentale richiedere l’ISEE socio-sanitario, che è lo strumento principale per valutare la situazione economica del beneficiario e dei suoi familiari e per accedere a eventuali agevolazioni o integrazioni da parte del Comune.
  • Contratto con la RSA: Leggere attentamente il contratto proposto dalla RSA, che deve specificare chiaramente le quote a carico del SSN e quelle a carico dell’utente/familiari.
  • Rivolgersi ai servizi sociali: Contattare i servizi sociali del proprio Comune per informarsi sulle politiche locali di integrazione delle rette RSA e sulle procedure per richiederle.
  • Tutela legale: In caso di difficoltà nel reperire le risorse o di controversie tra i familiari, è opportuno consultare un legale specializzato per comprendere i propri diritti e doveri e per avviare le procedure di tutela necessarie.

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