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Giudicato esterno, onere di eccezione e rimedi impugnatori: nota a Cass., Sez. II, ord. 16 ottobre 2025, n. 27706

1. Premessa

L’ordinanza della Corte di Cassazione n. 27706 del 16 ottobre 2025 rappresenta un intervento di rilievo sul tema del giudicato esterno e sul corretto esercizio dell’onere di eccezione in sede processuale. La decisione chiarisce la linea di confine tra il ricorso per cassazione e la revocazione ex art. 395, n. 5, c.p.c., quando un giudicato si forma nel corso del giudizio d’appello e non viene formalmente eccepito.

Il caso, di natura apparentemente patrimoniale, tocca principi fondamentali del diritto processuale civile, in particolare il valore del giudicato, la sua opponibilità e l’efficacia vincolante delle sentenze passate in giudicato nei giudizi successivi.


2. I fatti di causa

L’ingegnere Luciano Zirilli era stato incaricato della direzione dei lavori relativi alla manutenzione degli impianti elettrici presso la Facoltà di Scienze dell’Università di Messina. Dopo un lungo rapporto di collaborazione, protrattosi dal 1993 al 2005, egli agiva giudizialmente per ottenere i compensi professionali relativi all’anno 2000, sostenendo di aver diritto al pagamento sulla base della continuità dell’incarico.

L’Università si opponeva al decreto ingiuntivo eccependo la nullità della proroga tacita del contratto di appalto in virtù del divieto stabilito dall’art. 6, co. 2, L. n. 537/1993, come modificato dall’art. 44 L. n. 724/1994, relativo ai contratti della Pubblica Amministrazione per forniture e servizi.

Il Tribunale di Messina rigettava l’opposizione, confermando il decreto ingiuntivo. La Corte d’Appello, invece, ribaltava la decisione ritenendo invalido il rapporto per mancanza di un formale contratto d’opera professionale scritto.

Zirilli ricorreva in Cassazione, sostenendo che la questione fosse già coperta da giudicato esterno, formatosi in precedenti giudizi tra le stesse parti aventi ad oggetto i compensi per l’anno successivo (2001), nei quali era stata affermata la validità del rapporto contrattuale.


3. La questione di diritto

Il nodo giuridico centrale riguarda la prova e l’eccezione del giudicato esterno. Il ricorrente affermava di aver depositato in appello la sentenza passata in giudicato (n. 35/2017 della Corte d’Appello di Messina), ritenendo sufficiente la sua produzione documentale ai fini della deduzione dell’eccezione.

La Cassazione affronta quindi due questioni:

  1. Se la mera produzione della sentenza sia idonea a introdurre validamente l’eccezione di giudicato.

  2. Se, in assenza di tale eccezione, la parte possa proporre ricorso per cassazione oppure debba ricorrere alla revocazione.


4. La decisione della Corte

La Corte dichiara inammissibile il ricorso, enunciando un principio chiaro e coerente con il consolidato orientamento di legittimità:

“La formulazione di un’eccezione, pur non richiedendo espressioni sacramentali, esige una manifestazione non equivoca della volontà; non possono considerarsi tali la mera produzione di documenti, ancorché idonei a dimostrare il fondamento dell’eccezione.”

La Corte richiama la distinzione tra:

  • Giudicato esterno eccepito ritualmente: la sentenza d’appello difforme è impugnabile con ricorso per cassazione;

  • Giudicato non eccepito: la sentenza d’appello difforme è impugnabile solo mediante revocazione ex art. 395, n. 5, c.p.c.

Nel caso di specie, il professionista si era limitato a depositare la sentenza già passata in giudicato, senza formalizzare una specifica eccezione o richiederne la declaratoria di efficacia preclusiva. Di conseguenza, la censura è stata ritenuta processualmente inammissibile.


5. Analisi e commento

5.1. Sull’onere di eccezione

Il principio affermato si inserisce nel solco di una costante giurisprudenza che distingue tra:

  • Produzione di un documento (atto meramente istruttorio);

  • Eccezione processuale (atto di deduzione difensiva che richiede una volontà specifica di far valere un effetto preclusivo o impeditivo).

L’eccezione di giudicato esterno, infatti, non è rilevabile d’ufficio se non in presenza di un’inequivoca deduzione da parte del difensore. Essa deve individuare:

  • l’identità soggettiva e oggettiva tra i giudizi;

  • il contenuto della decisione irrevocabile;

  • l’effetto impeditivo che si intende far valere.

La sentenza, quindi, richiama gli avvocati a una maggiore precisione nell’articolazione delle eccezioni: non basta produrre, occorre eccepire.

5.2. Sulla revocazione ex art. 395, n. 5, c.p.c.

Quando un giudicato si forma nel corso del processo d’appello e non viene eccepito, la parte non può più far valere la violazione in cassazione, ma solo attraverso il rimedio della revocazione per contrasto con giudicato esterno.

Il rimedio revocatorio è l’unico idoneo a rimuovere una sentenza passata in giudicato che risulti incompatibile con altra decisione avente forza di giudicato, poiché la cassazione non può conoscere di questioni che non siano state previamente dedotte nel giudizio di merito.

5.3. Sul comportamento processuale

La pronuncia sottolinea implicitamente l’importanza della strategia processuale e del principio dispositivo. Il giudice non può supplire alla carenza di deduzione della parte, nemmeno in presenza di un documento che, per contenuto, renderebbe evidente l’esistenza del giudicato.

La funzione del processo è regolata da formalità che garantiscono certezza, prevedibilità e stabilità: la Corte riafferma che l’eccezione di giudicato non può emergere per “implicito”.


6. Riflessioni sistemiche

La decisione si colloca nel quadro della progressiva razionalizzazione dei rimedi impugnatori e del rafforzamento del principio di autosufficienza dell’atto processuale.
Essa impone ai difensori un livello elevato di rigore tecnico, soprattutto nei procedimenti davanti alla Pubblica Amministrazione, dove il rapporto contrattuale è soggetto a vincoli di forma scritta e dove l’efficacia del giudicato può dipendere da dettagli formali.

Inoltre, la pronuncia si presta a una riflessione più ampia sul rapporto tra giudicato sostanziale e giudicato processuale: il primo vincola le parti, il secondo delimita il potere cognitivo del giudice; entrambi, però, presuppongono una corretta attivazione da parte del difensore.


7. Conclusioni

L’ordinanza n. 27706/2025 conferma un orientamento rigoroso: il giudicato esterno non opera automaticamente, ma necessita di un’esplicita eccezione processuale. L’omissione comporta l’inammissibilità del ricorso per cassazione e l’obbligo di ricorrere alla revocazione.

Per gli operatori del diritto, il messaggio è netto:

  • la forma è sostanza nel diritto processuale;

  • l’inerzia difensiva non può essere sanata in Cassazione;

  • la revocazione resta l’unico strumento per rimediare a un errore di omissione nel corso del giudizio d’appello.

Questa decisione, pur nella sua brevità, consolida il principio di responsabilità tecnica dell’avvocato nel presidiare gli effetti del giudicato e nel tradurli in eccezioni processuali formalmente ineccepibili, rafforzando la coerenza del sistema e la stabilità del giudizio civile.


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