La Cassazione n. 16839/2025 e la nuova frontiera della “codatorialità”: tra effettività del rapporto di lavoro e limiti della solidarietà datoriale
1. Premessa: la centralità del principio di effettività nel diritto del lavoro
Con l’ordinanza n. 16839 del 23 giugno 2025, la Sezione Lavoro della Corte di Cassazione affronta uno dei temi più complessi e attuali della giurisprudenza lavoristica: la codatorialità e l’unicità del centro di imputazione giuridica del rapporto di lavoro nei gruppi d’impresa.
La pronuncia consolida un’evoluzione interpretativa ormai matura, spostando definitivamente il baricentro dal piano formale (il datore indicato nel contratto) al piano sostanziale dell’effettiva utilizzazione della prestazione, in attuazione del principio di effettività sancito dall’art. 2094 c.c.
2. I fatti: il dirigente “condiviso” tra più società del gruppo
Un dirigente (Claudio Renzetti) aveva prestato attività professionale per diverse società del gruppo ferroviario (CICLT S.p.A., poi Servirail Italia S.r.l., e TSI S.r.l.), con continuità e sovrapposizione di mansioni direttive.
Il Tribunale di Roma prima e la Corte d’Appello poi avevano riconosciuto l’esistenza di un unico centro di imputazione del rapporto di lavoro e, in via sostanziale, una codatorialità tra le società, accertando la perdurante validità del rapporto con TSI anche dopo il licenziamento intimato solo da Servirail.
Le società ricorrevano in Cassazione, sostenendo che la codatorialità non potesse comportare una duplicazione di obbligazioni retributive né la prosecuzione del rapporto dopo il recesso di uno dei co-datori.
3. La decisione della Corte di Cassazione
La Suprema Corte accoglie il ricorso principale “per quanto di ragione”, correggendo un punto essenziale della decisione d’appello:
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la codatorialità non implica cumulo di rapporti di lavoro né diritto del lavoratore a percepire una seconda retribuzione;
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il vincolo tra le imprese genera una obbligazione solidale, non un moltiplicarsi delle prestazioni dovute.
3.1. Codatorialità e unicità del datore di lavoro
La Cassazione ribadisce che, nelle imprese di gruppo, la codatorialità presuppone:
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inserimento del lavoratore nell’organizzazione economica complessiva cui appartiene il datore formale;
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condivisione della prestazione tra più società che traggono utilità comune dal lavoro;
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esercizio congiunto dei poteri direttivi, disciplinari e organizzativi da parte delle diverse società;
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finalizzazione unitaria dell’attività del lavoratore all’interesse del gruppo.
Il fenomeno non richiede più la prova di una strumentalizzazione fraudolenta della forma societaria, ma si fonda su una lettura “realistica” della subordinazione, aderente alla realtà effettiva dell’organizzazione produttiva.
4. L’evoluzione del concetto: dal gruppo fittizio al gruppo genuino integrato
Tradizionalmente, l’unicità del centro di imputazione giuridica veniva riconosciuta solo in presenza di gruppi fittizi o abusivi, costituiti per eludere obblighi lavoristici o contributivi.
Con l’ordinanza in commento, la Cassazione recepisce pienamente la transizione verso il gruppo genuino e integrato, ove la codatorialità deriva dalla integrazione funzionale e gestionale tra le società e non da un intento elusivo.
La sentenza chiarisce che il collegamento economico-funzionale tra le imprese non basta, ma diventa rilevante quando si traduce in un utilizzo promiscuo e indifferenziato della prestazione, tale da rendere indistinguibile a quale datore concreto la stessa sia riferibile.
5. Il principio di solidarietà: tutela sì, moltiplicazione no
Il cuore innovativo della pronuncia è la qualificazione giuridica dell’obbligazione che deriva dalla codatorialità.
La Corte sottolinea che essa dà luogo a un’unica obbligazione solidale, non a un cumulo di rapporti:
“La codatorialità determina una situazione di solidarietà, non di cumulo o raddoppio del rapporto di credito-debito, in assenza di prova del danno o di ragioni di maggiorazioni retributive.”
Il lavoratore, dunque, non può pretendere doppie retribuzioni o risarcimenti autonomi da ciascun datore, ma può rivolgersi indifferentemente a uno qualunque dei co-datori per ottenere l’unico credito unitario derivante dal rapporto di lavoro.
6. La disciplina del recesso e l’estensione del contraddittorio
Sul piano processuale, la Corte chiarisce due aspetti di rilievo:
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Il recesso deve provenire da tutti i co-datori o essere impugnato nei confronti di tutti. Il licenziamento intimato da uno solo non interrompe il rapporto complessivo se non contestato da tutti i soggetti coinvolti.
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In caso di domanda giudiziale volta ad accertare la codatorialità, è necessaria la partecipazione di tutte le società individuate come co-datori ex art. 102 c.p.c., trattandosi di accertamento con effetti di giudicato unitario.
7. La Cassazione e il principio di effettività nel diritto del lavoro
L’ordinanza riafferma un orientamento ormai consolidato: nel diritto del lavoro il datore non è chi risulta dal contratto, ma chi utilizza effettivamente la prestazione e dispone dei poteri organizzativi.
Tale concezione “realistica” è il corollario del principio di effettività che permea l’intero sistema, dal riconoscimento della subordinazione all’imputazione delle responsabilità.
Ne discende che la forma societaria plurima non può comprimere i diritti del lavoratore, ma al contempo non può generare una duplicazione di tutele né obblighi privi di corrispettivo.
8. Implicazioni pratiche e sistemiche
Per i lavoratori
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La pronuncia conferma che il dipendente può invocare la codatorialità quando la prestazione sia utilizzata promiscuamente da più società;
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Tuttavia, deve evitare azioni parallele o cumulative: la tutela è unitaria e solidale, non moltiplicata.
Per le imprese
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Nei gruppi societari integrati, l’uso congiunto delle risorse umane comporta responsabilità solidale per tutte le imprese coinvolte;
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È necessario predisporre protocolli organizzativi chiari, che delimitino funzioni e poteri, al fine di evitare l’automatica estensione della codatorialità.
Per i giudici del lavoro
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L’accertamento della codatorialità è un giudizio di merito sostanziale, da condurre sulla base di dati fattuali (condivisione dei mezzi, direzione comune, commistione di funzioni);
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Occorre evitare interpretazioni eccessivamente formalistiche che vanifichino il principio di effettività, ma anche esiti che trasformino la solidarietà in duplicazione.
9. Significato sistemico della pronuncia
La sentenza n. 16839/2025 si colloca nel solco di una giurisprudenza evolutiva che ha trasformato il gruppo d’impresa da categoria economica a categoria giuridica funzionale alla tutela del lavoratore, senza sacrificare la certezza dei rapporti.
Essa segna la maturità di un modello di datore plurisoggettivo, nel quale la responsabilità solidale è la forma di equilibrio tra la realtà economica del gruppo e la personalità giuridica delle singole società.
Il principio espresso può riassumersi così:
“Nel gruppo d’impresa il datore di lavoro può essere plurimo, ma l’obbligazione è unica e solidale; l’effettività governa la ricostruzione dei rapporti, la solidarietà ne garantisce l’esecuzione, la pluralità giuridica ne preserva i limiti.”
10. Conclusione
La Cassazione, con l’ordinanza 16839/2025, consolida una visione moderna e coerente con il diritto dell’Unione Europea: il lavoratore è tutelato in quanto parte di un sistema produttivo unitario, ma la responsabilità dei soggetti che lo compongono resta modulata secondo il principio di proporzionalità e unicità dell’obbligazione.
La codatorialità non è più un’eccezione ma una configurazione possibile e sempre più frequente, purché fondata su elementi oggettivi di integrazione e sull’esercizio effettivo dei poteri datoriali.
In un contesto di economia interconnessa e di filiere produttive sempre più integrate, la decisione della Suprema Corte segna una tappa essenziale verso una ricostruzione funzionale del rapporto di lavoro, in cui la forma cede al contenuto e la solidarietà sostituisce la frammentazione.

