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Climate change litigation in Italia: la giurisdizione del giudice ordinario secondo le Sezioni Unite (ord. 21 luglio 2025)

Punto chiave

Le Sezioni Unite dichiarano la giurisdizione del giudice ordinario italiano su un’azione civile promossa da associazioni e cittadini contro una società energetica italiana, il Ministero dell’Economia e la Cassa Depositi e Prestiti, per responsabilità extracontrattuale da cambiamento climatico e richieste inibitorie/di facere. Non c’è “difetto assoluto di giurisdizione”, né “questione politica” che sottragga la controversia al sindacato giurisdizionale. L’azione resta nel perimetro del diritto privato e dei rimedi tipici (artt. 2043, 2050, 2051, 2058 c.c.; art. 614-bis c.p.c.).


Fatti essenziali e domande

Associazioni e individui convenivano in giudizio una major energetica italiana, il MEF e CDP. Chiedevano:

  1. accertamento della responsabilità extracontrattuale per violazione di doveri di diligenza climatica e lesione di diritti fondamentali (vita, salute, vita privata);

  2. condanna inibitoria a ridurre le emissioni di CO₂ secondo la migliore scienza disponibile e gli obiettivi internazionali;

  3. ordine al MEF e a CDP, in qualità di azionisti, di adottare una policy che indirizzi la controllata verso tali obiettivi.

Le parti convenute eccepivano, tra l’altro: difetto assoluto di giurisdizione per “materia politica”, difetto di giurisdizione italiana per condotte estere e difetto di giurisdizione del giudice ordinario a favore dell’autorità amministrativa in tema di danno ambientale.


Ammissibilità del regolamento e intervento dei litisconsorti

Le Sezioni Unite affermano l’ammissibilità del regolamento preventivo proposto dagli attori, anche se coincidenti con i ricorrenti nel merito, data la novità della materia e i contrasti in prime cure. Ammesso l’intervento di altri attori del giudizio a quo in quanto litisconsorti necessari: la decisione sulla giurisdizione fa stato anche nei loro confronti.


Giustiziabilità e separazione dei poteri

1) Non è “atto politico”

Il petitum non pretende di sostituire le scelte di politica energetica nazionale; richiede l’accertamento di illeciti civili e l’applicazione di rimedi tipici. Questo rientra nella funzione giurisdizionale. L’articolazione dei poteri resta salva: il giudice non detta politiche pubbliche, ma verifica se condotte private (e, per MEF/CDP, condotte come azionisti) violino doveri di protezione verso diritti fondamentali.

2) Natura privatistica della pretesa

L’inquadramento è quello della responsabilità extracontrattuale e dei provvedimenti di condanna tipici del codice civile e di procedura civile. Il riferimento a fonti internazionali e costituzionali funge da parametro dell’ingiustizia del danno e della misura del dovere di diligenza, non muta la natura privatistica della domanda.


Giurisdizione del giudice ordinario italiano

1) Riparto “interno” di giurisdizione

MEF e CDP sono convenuti non come autorità pubbliche per omissioni amministrative, ma come soci della controllata; le domande mirano a obblighi di facere collegati alla posizione privatistica di azionisti. Ne deriva la giurisdizione del giudice ordinario e non del giudice amministrativo; non opera la riserva pubblicistica sul “danno ambientale” in senso tecnico, giacché i ricorrenti fanno valere danni individuali e tutele inibitorie proprie del diritto comune.

2) Giurisdizione “internazionale” dei giudici italiani

La giurisdizione italiana si radica:

  • per i convenuti domiciliati in Italia (criterio generale);

  • per il locus damni: gli effetti dannosi allegati si concretizzano in Italia, il che è sufficiente, in materia di illecito, a fondare la giurisdizione del foro del danno. L’eventuale localizzazione all’estero di parti dell’evento generatore non esclude la cognizione del giudice italiano sull’illecito “a effetti interni”.


Cornice normativa richiamata nel giudizio di merito

Le Sezioni Unite fotografano il perimetro normativo che il giudice di merito dovrà applicare:

  • Codice civile: artt. 2043, 2050, 2051, 2058; art. 614-bis c.p.c. per le misure coercitive indirette;

  • Costituzione: artt. 9 e 41, come novellati nel 2022 (ambiente e salute come limiti all’iniziativa economica);

  • Fonti sovranazionali: artt. 2 e 8 CEDU come standard di tutela effettiva; parametri di best available science e obiettivi climatici quali criteri di diligenza e di causalità giuridica da verificare in concreto.
    Resta materia di merito stabilire se, come e quanto tali parametri si traducano in obblighi di condotta per i convenuti e quale sia il nesso causale con i danni allegati.


Cosa NON decide la Cassazione in sede di regolamento

  • Non accerta la responsabilità né quantifica i danni.

  • Non impone target emissivi: stabilisce solo che un giudice italiano può conoscere dell’azione e applicare rimedi civili tipici.

  • Non attribuisce ai privati un azione popolare ambientale sganciata dal danno: la legittimazione dipenderà dagli interessi individuali dedotti e provati nel merito.


Principi di diritto ricavabili

  1. Giustiziabilità: le domande inibitorie e risarcitorie fondate su illecito civile in materia climatica sono, in astratto, conoscibili dal giudice ordinario; non sussiste “difetto assoluto di giurisdizione”.

  2. Riparto: quando la PA è evocata come azionista e non per esercizio di poteri autoritativi, la giurisdizione spetta al giudice ordinario.

  3. Internazionale: se il danno si verifica in Italia, i giudici italiani hanno giurisdizione, anche se talune condotte asserite si sono svolte all’estero o nell’ambito di un gruppo internazionale.


Implicazioni operative

Per i ricorrenti

  • Strutturare la causa su illecito civile: allegazione puntuale di fatti, causalità, danno-conseguenza, oltre alla richiesta di misure inibitorie proporzionate e specifiche.

  • Provare il locus damni in Italia e l’idoneità dei comportamenti a incidere sui diritti invocati.

Per le società energy-intensive

  • Valutare i rischi di responsabilità civile: disclosure su metriche emissive, strategie e governance climatica; tracciabilità del duty of care lungo la filiera; presidio su presidio interno degli azionisti e board committees.

  • Preparare una difesa sulla causalità (attribution science), sulla proporzionalità delle richieste inibitorie e sul perimetro degli obblighi effettivamente gravanti sul privato.

Per gli azionisti pubblici/istituzionali

  • Chiarezza sul ruolo di indirizzo e sulle leve societarie esercitabili. La posizione di socio può fondare doveri di comportamento azionabile in sede civile se e nella misura in cui la condotta incida sull’altrui sfera giuridica.

Per i giudici di merito

  • Gestire la causa con istruttoria tecnica mirata: perizia su scenari emissivi, alternative ragionevoli, proporzionalità delle misure richieste.

  • Valutare rimedi graduati e verificabili, anche mediante astreintes ex art. 614-bis c.p.c., ove ne ricorrano i presupposti.


Conclusione

La decisione delle Sezioni Unite apre la porta alla cognizione civile delle liti climatiche contro attori privati e azionisti-soci pubblici, collocando il contenzioso dentro le categorie del diritto comune: illecito, danno, causalità, rimedi. La separazione dei poteri resta intatta; è il diritto privato a fare da veicolo per la tutela dei diritti fondamentali in chiave climatica, nel rispetto dei canoni di giurisdizione, proporzionalità e prova.


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