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Comparazione tra il trust nel diritto inglese e il trust nel diritto maltese

  1. Il trust nel diritto inglese e nei paesi di common law

Il trust, secondo la dottrina, può considerarsi come “il più originale ed importante contributo del diritto inglese alla scienza giuridica”[1].

Uno dei più illustri studiosi ha fatto risalire questo istituto al XVII secolo sostenendo che il trust derivi dagli uses medievali. Nello stesso tempo ha definito il trust come “un rapporto fiduciario, derivante dalla volontà privata o dalla legge, in virtù del quale colui che ha su determinati beni o diritti la proprietà formale o la titolarità è tenuto, per effetto della proprietà sostanziale che non è in lui, a custodirli e ad amministrarli, o comunque a servirsene a vantaggio di uno o più beneficiari, tra i quali può anche essere compreso, o di uno scopo”[2].

Nell’ambito dell’unico ordinamento giuridico anglosassone, questo istituto può essere inteso come il risultato della contrapposizione fra due sistemi normativi: quelli del common law e dell’equity che sono entrambi di creazione giudiziale[3].

In base a questa derivazione storica si può affermare che “il trust è quel tipico rapporto in forza del quale il trustee, che è investito in common law della proprietà di un (qualsiasi) bene del dante causa (settler) ed è pertanto un legal owner, è tenuto in equity ad amministrarlo a vantaggio non proprio, ma di un beneficiario che può essere lo stesso dante causa o un terzo e che, come equitable owner, può far valere il suo diritto di “proprietà fiduciaria” contro il trustee ed i suoi eventuali aventi causa”[4].

Da questa definizione è evidente che si tratta di un istituto con una struttura formata da elementi e contenuti sia “reali”, che hanno maggior rilevanza, che “obbligatori”. Infatti, dal rapporto che si istaura sorgono in capo al trustee obbligazioni che riguardano prettamente il diritto dominicale e che lo stresso trustee acquista anche se non hanno alcuna rilevanza proprio per la loro intrinseca accidentalità in relazione alla proprietà di chi deve amministrare il bene, come propriamente inteso nel common law.

Di origine dunque anglosassone, l’istituto del trust si è sviluppato nei Paesi di Common Law  articolandosi come un rapporto in virtù del quale un soggetto, poi chiamato Trustee (o fiduciario), gestisce un patrimonio affidatogli da un altro soggetto, poi chiamato Settlor (o disponente), per uno scopo prestabilito, che può essere il più diverso. Storicamente, le radici del trust si collocano nel diritto inglese di epoca medioevale allorché in molti, specialmente di censo elevato ed al fine di soddisfare esigenze temporanee (ad esempio: la partecipazione ad una Crociata), presero ad affidare la gestione dei propri beni a una persona di fiducia[5], affinché li detenesse e li amministrasse durante la loro assenza; restando inteso che i beni medesimi dovevano essere ritrasferiti all’affidante nel caso di suo ritorno o agli eredi di lui in caso di sua morte.

Questo accordo era però, esclusivamente fondato “sulla parola”, e dunque era possibile che  l’impegno di restituzione non venisse rispettato, e ciò tanto più perché la legislazione (Common Law) dell’epoca esponeva l’affidatario inadempiente soltanto all’azione risarcitoria dell’affidante, cui peraltro non era consentito di agire per il recupero dei beni (i quali, perciò, restavano in proprietà definitiva dell’affidatario).

Per ovviare ad un rischio tale, gli affidanti non avevano altro mezzo che il ricorso al giudizio di equità della Cancelleria Regia, già previsto in via generale per i casi in cui, la Common Law si dimostrasse inadeguata o inefficace.

E i Cancellieri si espressero ripetutamente in favore degli affidanti, stabilendo il loro diritto a riavere i beni originariamente trasferiti; con la conseguenza che, data la forza esecutiva dei decreti emessi dalla Cancelleria, quello che all’inizio era un obbligo di natura essenzialmente etica, in quanto fondato “sulla parola” divenne un vero e proprio obbligo giuridico, tipicizzato nell’istituto che fu denominato trust[6]. L’esportazione del sistema giuridico inglese nelle aree geografiche di acquisizione coloniale, (verificatasi nei secoli dal XVII al XIX), comportò la diffusione del trust in dette aree e, quindi, negli Stati sovrani che da esse si formarono.

Contemporaneamente alla diffusione territoriale, si allargò l’utilizzazione dell’istituto, al cui scopo originario (di conservazione del patrimonio) se ne aggiunsero altri, anche diversissimi tra loro, come quelli di fornire una rendita ad un familiare (incombe trust), di attuare iniziative benefiche (charitable trust ) di concludere affari produttivi di lucro – (business trust)  di promuovere o gestire Casse previdenziali – (pension trust)[7].

Nel Regno Unito, ma anche nei Paesi il cui ordinamento giuridico è di derivazione anglosassone, il trust è uno strumento ampiamente utiliz­zato.

Infatti nei sistemi giuridici angloamericani si è soliti parlare di “trusts”, al plurale, in quanto “il trust” non è disciplinato come una figura unitaria.

Il diritto dei trusts non è infatti uniforme: alle regole del diritto inglese non sempre corrispondono quelle di altri ordinamenti, anche se derivati da quello inglese; e negli ordinamenti federali (Stati Uniti, Australia, Canada) la disciplina dei trusts rientra nella competenza statale e non federale.

In materia di trusts non vi è neppure un diritto del Regno Unito: il diritto inglese (che si applica in Inghilterra e nel Galles) è diverso da quello scozzese e, sebbene in misura minore, da quello dell’Irlanda del Nord[8]. Va poi rilevato che nel diritto inglese non esiste un testo normativo sui trusts[9], mentre negli Stati Uniti ciascuno Stato ha una propria legge in materia[10].

  1. Lo schema generale e funzione del trust

Il patrimonio, conferito dal Settlor nel trust, si acquisisce al Trustee e al Beneficiary[11], per cui si verifica uno sdoppiamento del diritto di proprietà[12], sconosciuto agli ordinamenti di Civil Law.

Dunque i soggetti coinvolti nel trust sono essi sono tre:

  1. disponente o settlor, il quale trasferisce il bene o il diritto al trustee;
  2. trustee, il quale acquista la proprietà “legale” del bene (ossia la “proprietà” tutelata dalla common law)[13] a vantaggio del beneficiario;
  3. beneficiario o cestui que trust[14] al quale l’equity riconosce un in­sieme di diritti nei confronti del trustee.

È importante considerare, inoltre, che i tre soggetti della configura­zione elementare possono ridursi, in alcuni casi, a due o addirittura ad uno solo.

Un soggetto, infatti, può istituire un trust del quale sia egli stesso tanto il trustee quanto il beneficiario (o solo il trustee o solo il benefici a­rio).

Tradizionalmente, il motivo principale della creazione dei trusts sta nella volontà del disponente di mantenere inalterata la ricchezza familia­re per consentire ai suoi componenti di goderne nel tempo[15].

Un esempio di trust creato per raggiungere questo scopo è quello il cui oggetto è costituito da un pacchetto azionario di maggioranza di una società avente come scopo l’esercizio del “business” della famiglia; gra­zie alla creazione di un trust, il patrimonio resta indiviso, ma i membri della famiglia, che sono i beneficiari, potranno comunque godere dei redditi e degli altri benefici derivanti dalla gestione societaria che spetterà ad uno o più trustees[16].

Solitamente, un trust così concepito associa un altro obiettivo a quel­lo appena menzionato che consiste nell’evitare il pagamento di tasse e imposte: con la creazione di un trust si riesce ad evitare il pagamento di imposte su redditi che altrimenti sarebbero più elevati, la tassazione di capital gains o il pagamento di imposte di successione.

Per ovvie ragioni questo genere di trusts non è mai stato visto di buon occhio dal legislatore inglese, ed è stato per questo oggetto di nu­merosi interventi susseguitisi nel tempo miranti a contenere il pericoloso avanzamento di tale tendenza; tra questi vanno menzionati quelli degli anni 1965[17], 1971[18], e 1972[19].

Di particolare interesse, poi, è il provvedimento emanato nel 1974[20] attraverso il quale il governo introdusse una tassa sulle donazioni il cui valore fosse eccedente rispetto ad un certo importo, sia nel caso che il disponente le avesse disposte quando era ancora vivo, Sia nel caso in cui esse fossero contenute in disposizioni testamentarie.

Nell’insieme dei trusts che perseguono le finalità di preservare il pa­trimonio familiare e di eludere la tassazione devono anche essere com­presi quelli creati dal disponente con l’intento di far godere dei suoi beni determinati soggetti dopo la sua morte e quelli creati con lo stesso inten­to ma per i quali, nel momento in cui vengono istituiti, l’identità dei be­neficiari non è ancora certa; è il caso, ad esempio, del padre che designa come beneficiari di un trust tutti i suoi figli (categoria che comprende anche quelli che verranno ad esistenza successivamente), o di un trust i cui benefici ari siano i dipendenti del disponente che, al momento della sua morte, potrebbero essere soggetti diversi da quelli che erano dipen­denti nel momento in cui il trust è stato creato[21].

Un secondo gruppo di finalità che vengono perseguite attraverso la creazione di un trust comprende quelle che possono essere definite pu­blic o charitable[22].

Il finanziamento per la costituzione e per il funzionamento di istitu­zioni scolastiche è un esempio di questo genere di finalità come anche il finanziamento della ricerca medica o di ospedali, il supporto di enti reli­giosi e così via.

Anche nei trusts che perseguono questo genere di finalità l’oggetto verrà amministrato da parte del o dei trustees che, in questi casi, sono dotati di ampi poteri, tra cui quello di decidere in merito alle modalità di reinvestimento degli eventuali frutti della proprietà e, spesso, anche di determinare esattamente lo scopo del trust e quali debbano essere i suoi beneficiari nell’ambito di una gamma di possibili scelte.

Un terzo e ultimo gruppo di finalità che, tradizionalmente, possono essere perseguite tramite un trust è legato alla concezione di esso quale strumento tecnico[23].

Ci sono, infatti, delle situazioni nelle quali il trust si pone come vali­do strumento per superare dei problemi in quanto rende possibile l’attri­buzione della proprietà e della amministrazione di determinati beni a un gruppo di soggetti, mentre ad altri ne viene attribuito il godimento.  Oltre alle summenzionate finalità, che possono essere considerate tradizionali, il trust è utilizzato molto frequentemente nella pratica com­merciale e finanziaria.

Gli esempi di questo genere possono essere molteplici, e tra questi vanno sicuramente citati quelli che, nel tempo, hanno assunto una pro­pria fisionomia sia perché ampiamente utilizzati sia perché coinvolgono interessi meritevoli di tutela come, appunto, quelli dei risparmiatori.

Si tratta essenzialmente di nuovi strumenti per la raccolta del pubbli­co risparmio la cui principale caratteristica è quella di non essere assog­gettati alle norme che governano tradizionalmente la materia dei trusts, ma da apposite leggi volte a regolare in maniera specifica i processi di investimento.

A titolo di esempio possono essere citati gli Authorized Unit Trusts, autorizzati dal Financial Services Act 1986 e sottoposti dallo stesso provvedimento al controllo del Securities and Investment Board.

Lo Unit Trust è, nella pratica, istituito da chi intende svolgere attivi­tà di investimento attraverso delle somme raccolte presso il pubblico.

Il ruolo del trustee è svolto da una società specializzata in investi­menti in valori mobiliari, mentre beneficiario è inizialmente il promotore dell’iniziativa che, spesso, controlla anche la società trustee.

In un momento successivo il promotore suddivide il proprio interes­se equitativo in unità (units, da cui il nome di Unit Trust) che poi colloca presso il pubblico servendosi di una rete di distribuzione.

La somma che viene versata da ciascun acquirente di una unit diven­ta di proprietà del trustee e va, quindi, ad incrementare il trust fund del quale il primo si serve per realizzare gli investimenti programmati.

Tali investimenti sono di proprietà del trust e di conseguenza il red­dito da essi generato appartiene ai beneficiari che sono coloro che hanno validamente acquistato le units[24].

I titoli che costituiscono l’oggetto di investimento del trust sono de­positati presso una banca che, spesso, agisce anch’essa come trustee (nella sottospecie di custodian trustee opposto al managing trustee).

In generale, l’utilità dell’impiego del trust si può ritrovare in tutte quelle operazioni finanziarie nelle quali intervengono contemporanea­mente più soggetti perché consente di snellire lo svolgimento dell’intera operazione: ad uno dei soggetti partecipanti, che assume la qualifica di trustee, viene attribuito il diritto di agire nell’interesse di tutti gli altri. Per mezzo del trust, quindi, si assicura lìintangibilità delle somme rac­colte o distribuite dal trustee e anche un quadro certo delle obbligazioni fiduciarie che gravano sulla figura del trustee; si garantisce, insomma, una maggiore certezza del buon fine dell’operazione ai suoi partecipanti, parametro, questo, da essi attentamente valutato prima della decisione di partecipazione.

Ancora, il trust è ormai frequentemente utilizzato nelle pratiche mer­cantili sia da parte dei compratori che da parte dei venditori allo scopo di proteggere il loro denaro o le proprie merci, a seconda dei casi, dai creditori della controparte[25].

Un cenno a parte merita il business trust che è un trust ordinario che, solitamente, persegue finalità imprenditoriali.

Si tratta di una figura essenzialmente assimilabile a quella societaria: si ha un conferimento iniziale di capitale in trust da parte dell’imprendi­tore che ne è l’unico beneficiario; in un momento successivo vengono emessi certificati attestanti la misura del diritto sugli utili spettante a cia­scun acquirente, che, con l’acquisto è divenuto automaticamente benefi­ciario.

Ancora oggi il business trust è utilizzato negli Stati Uniti come alter­nativa alla costituzione di una società allo scopo di trame vantaggi soprattutto di natura fiscale[26].

Un altro impiego frequente del trust, lo si può trovare nel time sha­ring che non è altro che la versione anglosassone della nostra multi-pro­prietà: il trustee ha la proprietà dell’immobile e i beneficiari ne godono direttamente per il periodo convenuto o ne percepiscono il reddito deri­vante dalla negoziazione del loro diritto equitativo, che, proprio perché tale, è negoziabile[27].

In realtà, i casi di impiego del trust sono tendenzialmente infiniti[28] come ad esempio: i fondi pensione[29]; i voting trusts per dare attuazione ai patti di sindacato azio­nario; la destinazione ad un trust del capitale pagato da un’assicurazione in seguito alla morte di un capofamiglia, il quale tema che i suoi parenti non siano in grado di gestire una rilevante somma liquida; la liquidazio­ne di un patrimonio nell’interesse dei creditori; il salto di una generazio­ne nella diretta gestione di un patrimonio familiare; la raccolta di somme per un’iniziativa il cui inizio è incerto; l’isolamento di certe risorse dell’imprenditore per essere cumulate con quelle di altri imprenditori per il raggiungimento di uno specifico scopo; i depositi in garanzia nelle mani di un terzo o dello stesso soggetto garantito il quale diviene allora trustee e beneficiario.

  1. La posizione giuridica del trustee nel diritto inglese

Può essere trustee qualunque soggetto che, ai sensi della legge ingle­se, possa validamente essere titolare di un diritto di proprietà[30].

La nomina dei trustees dovrebbe normalmente essere effettuata per iscritto nella forma del deed[31] e, a meno che egli non sia lo stesso dispo­nente, può essere effettuata ad opera di diversi soggetti.

La nomina, infatti, può anche avvenire ad opera dei giudici o, nel caso di un trust con più di un trustees, da parte degli altri trustees o, infi­ne, da parte del soggetto o dei soggetti eventualmente designati dal di­sponente[32].

I due principali casi di nomina giudiziale si hanno nelle seguenti ipo­tesi: quando il disponente non abbia provveduto alla nomina o a conferi­re ad un soggetto tale prerogativa; quando i soggetti nominati siano mor­ti o non abbiano accettato l’incarico[33].

La sect. 41 del Trustee Act 1925 estende tale potere di nomina ad ul­teriori casi. Le Corti, infatti, possono nominare nuovi trustees in aggiun­ta a quello o quelli già presenti o in loro sostituzione. In particolare, le Corti procedono alla sostituzione dei trustees che siano ritenuti incapaci di intendere e di volere, che siano colpevoli di un reato di bancarotta o, quando trustee sia una società, essa sia in fase di liquidazione o si sia sciolta.

È importante rilevare che alcuni dei presupposti per la nomina giudiziale sono gli stessi necessari affinché la nomina possa essere effettuata da parte degli altri trustees del medesimo trust[34].

Tuttavia, i trustees, in questi casi, possono ritenere opportuno chiedere ai giudici di procedere alla nomina (pur avendone il potere) quando tale compito si presenti par­ticolarmente difficile o esistano delle ragioni tali da far ritenere più op­portuna una nomina giudiziale. Anche i beneficiari, qualora ritengano sia necessario, possono chiedere alla Corte di nominare o sostituire i trustees. È bene specificare, però, che la sect. 41 attribuisce ai giudici il potere di nominare o di sostituire trustees anche quando non ci sia stata alcuna richiesta da parte dei soggetti legittimati (trustees e beneficiari)[35]. In al­tre parole, i giudici possono rilevare autonomamente la necessità di eser­citare tale potere e, di conseguenza, agire in applicazione della sect. 41.

Esaminiamo adesso i casi in cui la nomina di un trustee possa avve­nire ad opera degli altri trustees del medesimo trust.

La sect. 36 del Trustee Act 1925 conferisce ai trustees il potere di nomina in diverse circostanze ma, in ogni caso, tale potere può essere esercitato solamente se l’atto istitutivo del trust non contenga una espressa previsione contraria. La forma utilizzata per la nomina è, nella maggior parte dei casi, quella del deed, anche se la legge richiede sem­plicemente un atto scritto.

In primo luogo, in caso di morte di uno dei trustees, i rimanenti pos­sono nominarne un altro in sostituzione di quello deceduto.

Un trustee ha la possibilità di ritirarsi dal suo incarico ai sensi della sect. 39 del Trustee Act 1925 la quale detta anche le condizioni necessa­rie affinché tale diritto possa essere esercitato[36]. Una volta che il trustee abbia rinunciato all’incarico in presenza delle condizioni richieste, gli al­tri trustees possono, in virtù del potere loro attribuito dalla sect. 36, no­minarne uno nuovo in sostituzione di quello che ha cessato il suo ufficio.

Ai trustees è anche attribuito il potere di rimuovere dal suo incarico il trustee che rifiuti di partecipare attivamente all’amministrazione del trust[37]. È il caso, ad esempio del trustee che non partecipi alle riunioni, non firmi i documenti necessari per lo svolgimento dell’attività del trust e così via. In questo genere di situazioni, gli altri trustees possono nomi­narne uno nuovo da sostituire a quello “non attivo”[38].

Un soggetto che sia stato nominato trustee può, dopo la sua nomina, dichiarare con qualsiasi mezzo[39] di non voler accettare l’incarico confe­ritogli[40], a meno che dai suoi comportamenti non possa desumersi un’ac­cettazione (ad esempio, firmando un documento in qualità di trustee). L’effetto di tale dichiarazione è quello di rendere nulla la sua nomina[41]. Anche in questa situazione gli altri trustees possono nominare un nuovo soggetto[42] da sostituire al “disclaimer”[43].

La sect. 36, infine, attribuisce ai trustees il potere di sostituire il tru­stee che sia rimasto fuori del Regno Unito per un periodo ininterrotto su­periore a dodici mesi o, anche, il trustee ritenuto incapace di agire[44].

La possibilità di nominare un nuovo trustee è attribuita a quelli già presenti anche quando ciò non sia dettato dalla necessità di sostituirne uno venuto a mancare: i trustees, in base alla considerazione che la loro efficienza potrebbe essere accresciuta dall’ apporto dei servizi resi da un trustee addizionale, possono procedere alla sua nomina, a condizione che per effetto di essa i trustees, complessivamente, non superino il numero di quattro[45].

Può anche accadere che un trustee nomini il proprio successore[46]; questo, tuttavia, è un caso che si verifica assai di rado nella prassi dato che, essendo presenti nella maggior parte dei trusts più trustees, nel caso in cui uno di essi venga a mancare, egli viene sostituito ad opera dei ri­manenti.

Analizziamo, infine, cosa accade nell’ipotesi in cui il disponente ab­bia conferito ad un determinato soggetto il potere di nominare nuovi tru­stees[47].

Quando questo avviene, i poteri attribuiti ai trustees dalla sect. 36 del Trustee Act 1925 sono automaticamente esclusi. Se però il soggetto designato dal disponente muore, i trustees tornano ad essere titolari del loro potere di nomina.

Inoltre, lo stesso risultato si ottiene nelle ipotesi in cui il disponente abbia conferito il potere di nominare trustees a due o più soggetti deter­minati e questi non riescano a raggiungere un accordo.

Da quanto appena detto in tema di nomina, può ricavarsi che un tru­stee può cessare il suo ufficio in diverse circostanze e per diverse ragioni che forse è opportuno riassumere:

–         morte del trustee;

–         sostituzione del trustee ad opera degli altri trustees in una delle ipotesi previste dalla sect. 36 del Trustee Act 1925;

–         rinuncia del trustee nel rispetto delle condizioni stabilite nella sect. 39 del Trustee Act 1925;

–         sostituzione del trustee ad opera dei giudici in applicazione della sect. 41 del Trustee Act 1925;

–         revoca dell’incarico da parte del disponente qualora questi si sia espressamente riservato tale possibilità al momento dell’istituzio­ne del trust.

Da quanto esposto in tema di nomina dei trustees si sarà potuto ricavare implicitamente che, in realtà, è poco frequente l’ipotesi di un trust che si av­valga dell’opera di un unico trustee: nella maggior parte dei casi, infatti, ad occuparsi dell’amministrazione del trust sono due o più co-trustees.

Quando ciò si verifica, salva diversa disposizione contenuta nell’atto istitutivo, l’amministrazione dei diritti o dei beni oggetto del trust spetta a ciascun trustee disgiuntamente dagli altri fatta eccezione per gli inve­stimenti, per i quali i trustees sono tenuti a deliberare all’unanimità[48].

La pluralità dei trustees ha anche importanti implicazioni per quanto at­tiene la loro responsabilità: ciascuno risponde per il fatto proprio[49], ma ogni trustee è tenuto ad attivarsi appena venga a conoscenza di una violazione commessa da un altro trustee e, in generale, a tenersi al corrente di come gli altri trustees svolgono il loro compito; qualora, però, i trustees concorrano in una violazione, la loro responsabilità verso i beneficiari è solidale; nel rap­porto interno, essa viene graduata in base ai principi generali[50].

Il trustee è considerato dalla common law proprietario dei beni del trust in seguito all’atto di disposizione del disponente in suo favore[51].

Gli obblighi del trustee appartengono alla categoria delle “obbliga­zioni equitative in rem”, meglio identificate in contesti civilistici come obbligazioni propter rem. Al contrario di quanto avviene per le obbli­gazioni in personam, le obbligazioni propter rem sono a carico di un soggetto se ed in quanto egli sia e resti proprietario di una determinata cosa; in altre parole, tali obbligazioni sono “intrinsecamente collegate al diritto reale”.

Da questa affermazione discendono due conseguenze di rilievo.

In primo luogo, le obbligazioni del trustee si trasferiscono automati­camente con il trasferimento del diritto di proprietà del bene che costitui­sce l’oggetto del trust. Infatti, chi diviene titolare dei beni del trust assu­me contestualmente le obbligazioni del trustee[52].

La seconda fondamentale implicazione sta nel fatto che, in caso di falli­mento del trustee, i beni del trust non costituiscono oggetto della procedura fallimentare, nonostante il trustee ne sia l’effettivo titolare. Il fatto che de­terminati beni siano sottoposti al regime del trust consente, cioè, che essi siano esclusi dal patrimonio soggetto alle procedure fallimentari.

La legge impone al trustee, una volta nominato, numerose obbliga­zioni alle quali devono aggiungersi gli ulteriori vincoli eventualmente previsti dall’atto istitutivo del trust.

In primo luogo, il trustee è tenuto ad assicurarsi del fatto che la sua nomina sia stata validamente effettuata, ad esaminare accuratamente i termini del trust e lo stato in cui si trovano i beni del trust[53].

I trustees hanno l’obbligo di assicurarsi del fatto che i beni del trust siano propriamente custoditi e quello di agire per conservare la loro inte­grità[54] anche nel caso in cui questo comporti il compimento di un’azione non moralmente corretta ma comunque legittima[55].

Gli obblighi di diligenza più importanti, tuttavia, appaiono quelli re­lativi all’amministrazione del trust che comprendono, ad esempio, l’apertura dei necessari conti correnti bancari, il pagamento dei debiti, l’incasso dei crediti del trust e così via. Nello svolgimento di questo ge­nere di attività, la diligenza richiesta ai trustees è quella del “prudente uomo d’affari che opera nell’interesse di altri soggetti”[56]. Al di là di que­sto principio generale, però, è necessario specificare che la diligenza del trustee deve essere valutata anche in rapporto alla attività svolta. Così, ad esempio, quando a svolgere la funzione di trustee sia una banca, il criterio del “prudente uomo d’affari” appare non adeguato in considera­zione delle capacità professionali di cui essa dispone[57].

I trustees sono tenuti ad investire le risorse del trust con l’obiettivo di massimizzare i vantaggi dei beneficiari.

Il conseguimento di tale risultato, però, non è così semplice.

Un primo problema deriva dal fatto che gli investimenti a cui è asso­ciato un elevato rendimento sono anche più rischiosi: i trustees, allora, nel tentativo di massimizzare i vantaggi potrebbero esporsi al rischio di perdere il capitale investito, non esistendo alcun tipo di limitazione circa il tipo di investimento che essi sono autorizzati a realizzare.

Anche in questo caso vale la regola che impone ai trustees di seguire la diligenza del “prudente uomo d’affari”. La legge, tutta­via, si preoccupa, in questo caso, di imporre ai trustees l’adozione di criteri operativi che li guidino nel raggiungimento della diligen­za richiesta. In particolare, gli investimenti devono essere realiz­zati secondo una logica di diversificazione del rischio e, inoltre, i trustees sono tenuti a rivolgersi al giudice per ottenere direttive in merito a investimenti sui quali non sono in grado di formulare un sicuro giudizio di opportunità[58].

Un secondo problema si verifica quando, come spesso accade, i be­neficiari si trovino ad essere titolari di interessi confliggenti.

In queste situazioni, il trustee ha l’obbligo di comportarsi in maniera assolutamente neutrale nei confronti dei beneficiari; egli, cioè, dovrà adempiere al suo obbligo di investire tenendo ben presenti, però, gli inte­ressi del primo beneficiario[59].

I trustees sono comunque responsabili per la diligenza seguita nell’esercizio dei poteri discrezionali che essi, come sancito da un prece­dente giurisprudenziale[60], sono tenuti effettivamente ad esercitare.

Negli obblighi di diligenza devono essere compresi anche quelli di tenuta dei documenti del trust nei quali devono essere dettagliatamente indicate le transazioni finanziare compiute dal trustee. Anche riguardo a tale obbligo, la diligenza dei trustees sarà valutata secondo il criterio del “prudente uomo d’affari” o, se è il caso, con riferimento alla natura dell’attività esercitata. I benefici ari hanno il diritto di visionare i docu­menti contabili[61].

I trustees sono inoltre tenuti ad evitare di porsi in situazioni nelle quali possa presumersi che gli interessi del trust siano posposti ai propri interessi personali.

La logica del divieto è la seguente: consentire al trustee di persegui­re interessi personali significherebbe ipso facto consentirgli di trascurare gli interessi del trust; la legge, allora, tutela gli interessi del trust vietan­do ai trustees di perseguire i propri interessi in tutte quelle situazioni nel­le quali potrebbe aversi tale effetto[62].

Il trustee, allora, sarà ritenuto responsabile di non aver adempiuto ai suoi obblighi per il solo fatto di aver compiuto un atto per il quale ricor­revano i presupposti del conflitto d’interessi[63] senza che sia necessario dimostrare neanche la potenzialità del danno al trust[64].

Negli obblighi di fedeltà del trustee va ricompreso anche quello di procedere all’attribuzione del capitale e dei redditi del trust seguendo le modalità ed i tempi prescritti dal disponente.

I trustees, sono altresì responsabili per l’adempimento delle obbligazioni “sempre e soltanto nei confronti dei beneficiari”[65].

La disciplina della responsabilità[66] si concretizza in senso obiettivo non assumendo, cioè, rilevanza la buona fede del trustee e le finalità che egli aveva inteso perseguire[67].

La responsabilità sorge per il solo fatto obiettivo di aver agito in difformità delle condizioni regolanti lo specifi­co trust o, in generale, di aver violato taluno degli obblighi che incombo­no sul trustee.

Esistono due principali tipi di rimedi volti a rimuovere gli effetti dell’inadempimento dei trustees.

In primo luogo, quando questo sia possibile, il giudice può ordinare al trustee di adempiere all’obbligo disatteso; così, ad esempio, il trustee che non abbia effettuato i pagamenti in favore dei beneficiari, sarà tenuto ad eseguirli. La Corte, però, può avvalersi del potere conferito gli dalla sect. 41 del Trustee Act 1925 e procedere, quindi, alla sostituzione del trustee qualora lo ritenga necessario, in prospettiva, per il corretto funzionamento del trust. In questa ipotesi, dovrà essere il nuovo trustee ad adempiere alle obbligazioni cui era tenuto il precedente.

Il secondo genere di rimedi diviene necessario nell’ipotesi in cui l’inadempimento del trustee abbia causato delle perdite per il trust. In questi casi, nasce in capo al trustee l’obbligo di reintegrare il patrimonio del trust nella misura della perdita subita in conseguenza del suo ina­dempimento[68]: nel concetto di reintegrazione va incluso anche il reddito che sarebbe stato generato dal trust qualora il trustee avesse adempiuto alle sue obbligazioni; il trustee responsabile della perdita di uno dei beni del trust è tenuto alla restituzione della somma pari al valore massimo che quel bene avrebbe raggiunto fra la data della violazione delle condi­zioni regolanti il trust e la data della sentenza; né ha alcuna rilevanza il fatto che il danno si sarebbe verificato anche in difetto delle violazioni da parte del trustee dei propri obblighi.

  1. La  posizione giuridica del beneficiario nel diritto inglese

Nella configurazione tradizionale del trust, la posizione dei benefi­ciari va definita in relazione ai trustees[69].

I beneficiari, infatti, sono “titolari di una posizione equitativa sog­gettiva (estate) nei confronti dei trustees, non dei beni che costituiscono l’oggetto del trust”[70].

Ma è stato osservato che il fatto che i diritti dei beneficiari possano leggersi come aspetti “correlativi” delle obbligazioni dei trustees, non deve indurre ad esten­dere ai primi le considerazioni circa la natura giuridica di queste ultime: i diritti dei beneficiari non sono equitativi in rem ma in personam[71].

Questa impostazione è confermata da una sentenza della Corte di Giustizia della Comunità Europea[72].

Il contenuto dei diritti dei beneficiari varia sensibilmente, al pari di quanto visto a proposito delle obbligazioni dei trustees, a seconda del trust considerato.

I beneficiari hanno il diritto di richiedere ai trustees informazioni contabili circa i benefici generati dal trust. È necessario sottolineare che, in seguito all’emanazione di una importante sentenza[73], essi non hanno diritto di ordinare al trustee la distribuzione di tali benefici ma, solo di richiedere che essi forniscano informazioni contabili sul loro ammonta­re. In generale, tuttavia, i benefici ari hanno il diritto di visionare i docu­menti del trust[74] e, di volta in volta, richiedere che i trustees forniscano delle spiegazioni a tale riguardo[75].

A fronte dell’obbligazione di natura risarcitoria in cui incorrono i trustees per le perdite provocate ai trust (sia di reddito che di capitale) dovute alla loro non scusabile[76] incompetenza o disonestà, troviamo il diritto dei beneficiari a che tale obbligazione venga adempiuta.

Ai beneficiari è riconosciuto, inoltre, il diritto a che i trustees reinte­grino il patrimonio del trust del bene non più ricuperabile in quanto di­venuto di proprietà di un acquirente a titolo oneroso in buona fede e non a conoscenza dell’ esistenza del trust[77].

In alcune circostanze, i beneficiari hanno il diritto di chiedere ai tru­stees di riconsiderare le modalità di esercizio di un potere discrezionale che essi erano tenuti ad esercitare come, ad esempio, quello di scelta tra una classe di potenziali beneficiari nei trusts discrezionali[78].

Un diritto fondamentale attribuito ai beneficiari è quello di essere le­gittimati a chiedere al giudice di rimuovere dal loro ufficio i trustees ri­tenuti disonesti, completamente inefficienti, non cooperativi, o, anche, assenti per un protratto periodo[79].

Se tutti i beneficiari di un trust sono esistenti e capaci di agire, essi hanno il diritto di chiedere che il trust venga terminato e di impartire di­rettive sulle modalità di ripartizione dei beni del trust[80].

Qualora non tut­ti i beneficiari del trust siano in grado di fornire il loro consenso sulla cessazione anticipata del trust (perché, ad esempio, non ancora nati o in­capaci), gli altri possono chiedere al giudice di esprimere tale consenso in loro vece; affinché il giudice acconsenta, però, è necessario che tale cessazione anticipata del trust provochi dei vantaggi sostanziali a favore dei soggetti a cui questi si è sostituito nel rilascio del consenso[81].

I beneficiari possono, inoltre, rivolgersi al giudice per chiedergli di investigare e monitorare sul modo in cui i trustees amministrano i beni e i diritti oggetto del trust[82].

Infine, i beneficiari sono liberi di disporre del proprio diritto equita­tivo nei confronti del trust. Ad esempio, un beneficiario titolare del dirit­to a ricevere pagamenti periodici dal trust è libero di trasferirlo ad un terzo a titolo gratuito o oneroso, imponendo o meno delle condizioni, ecc.

  1. L a posizione giuridica del disponente

Nella configurazione classica del trust, il disponente perde ogni con­trollo sui beni in trust per effetto del trasferimento della proprietà ai tru­stees i quali, quindi, non sono tenuti ad alcun obbligo nei suoi confronti.

La prassi moderna, tuttavia, ha elaborato una serie di meccanismi che riducono questa situazione di totale distacco fra il disponente e il trust.

 In primo luogo, il trust può essere revocabile; in secondo luogo, il disponente può attribuire a se stesso, nell’atto istitutivo, il diritto di nominare nuovi trustees quando i primi nominati vengano a mancare[83]; in terzo luogo, il disponente può egli stesso essere trustee o uno dei trustees; infine, il disponente può in­dicare se stesso come beneficiario o quale uno fra i beneficiari e comun­que riservarsi di aggiungere altri beneficiari a quelli elencati nell’atto istitutivo[84].

Strumenti indiretti di controllo, specialmente in ordinamenti diversi da quello inglese, si hanno nominando un protector o consegnando al trustee una letter of wishes.

Il protector è un soggetto al quale l’atto istitutivo del trust riserva una serie di prerogative nei confronti dei trustees[85].Tra queste possono ritrovarsi talune posizioni tecnicamente definite come powers[86], ma an­che quelle di vietare o di consentire il compimento di atti dei trustees che, in quest’ultimo caso, essi non possono legittimamente compiere in loro mancanza[87]. Il protector non dovrebbe mai avere un ruolo positivo nelle deliberazioni circa l’amministrazione del trust e la distribuzione di reddito e di capitale perché, altrimenti, sarebbe un trustee. È possibile che i protectors siano più di uno e, come normalmente avviene in questi casi, dotati di potere di cooptazione.

Tale figura non è riconosciuta legislativamente dal diritto inglese ma va sottolineato, tuttavia, che essa non intacca minimamente la struttura teorica del trust in quanto la sua nomina è da considerarsi null’altro che l’esercizio di una delle facoltà, da sempre riconosciutegli, con le quali il disponente può limitare i poteri del trustee[88].

Una conseguenza di tale neutralità della figura del protector rispetto alla struttura del trust è la caratteristica del suo sviluppo in molti Paesi nei quali ha avuto luogo senza la necessità di una apposita previsione le­gislativa, ma solo attuando la norma generale sull’attribuzione delle sud­dette facoltà ad un soggetto, che nella prassi viene denominato protec­tor[89].

Nella prassi internazionale il protector è più comunemente una per­sona legata al disponente da vincoli di amicizia e di stima; è al protector che il disponente comunica i suoi intimi desideri circa lo svolgimento del trust, quelli che magari non trovano spazio nell’atto istitutivo.

Per quanto attiene alla letter of wishes, bisogna premettere che il suo utilizzo è riscontrabile soprattutto nell’ambito dei trusts discrezionali[90].

Si tratta, in sostanza, di un mezzo attraverso il quale il disponente, in considerazione dell’ampio margine di discrezionalità di cui godono i tru­stees nello svolgimento di tali tipi di trust, esprime i suoi desideri circa le modalità che egli vorrebbe fossero seguite nell’individuazione dei be­neficiari del trust. Si tratta, in definitiva, di considerazioni aventi caratte­re personale o confidenziale che, anche in questo caso, non troverebbero spazio adeguato nell’atto istitutivo del trust[91].

È importante mettere in evidenza il fatto che i trustees non sono ob­bligati a seguire gli intenti espressi dal disponente nella letter of wishes, ma la prassi internazionale ha visto affermarsi sempre di più la tendenza dei trustees ad uniformarvisi[92].

  1. La regolamentazione dell’istituto del Trust in Malta: dall’Offshore Act del 1988 agli emendamenti del 1994

Considerato che Malta è stata una colonia britannica, si ritiene che il diritto inglese ha influenzato diversi settori dell’ordinamento maltese tra cui quello pubblico e commerciale, come ad esempio la normativa societaria[93] che è importata quasi completamente da leggi inglesi[94].

Va precisato però che diversamente dagli altri ordinamenti di civil law, Malta non aveva incorporato il Trust nel suo sistema legale.

È solo nel 1987, infatti che il Trust viene preso in considerazione nell’ordinamento Maltese. È così che nel 1988 viene promulgato l’Offshore Act[95] che si basava sulla Trust Jersey Law del 1984[96] e, in parte, sui principi ispiratori della Convenzione dell’Aja[97].

La finalità di tale normativa era rendere possibile istituire[98] un trust regolato dalla legge maltese oltre che riconoscere Trust regolati da una legge straniera.

La legge peraltro richiedeva[99] espressamente che almeno uno dei trustee fosse una società fiduciaria autorizzata ad agire e in possesso di una valida licenza rilasciata da l’MFSA.

Nonostante la previsione normativa,  tuttavia, il sistema maltese conosceva l’istituto del mandato e non l trust, tutto ciò portò all’inevitabile difficoltà di inquadrare giuridicamente la fattispecie di una società fiduciaria che deteneva patrimoni esteri per il vantaggio di terzi beneficiari.

A tali problematiche cercò di ovviare il Trust Act (Amendments) del 1994[100].

Ed invero con questo intervento innanzitutto viene disciplinato l’ufficio del guardiano[101]. Inoltre viene imposto al trustee il dovere di fornire il rendiconto della sua gestione ai beneficiari dietro loro richiesta[102].  Ma la novità di maggior rilievo, è costituita dal riconoscimento del principio di diritto inglese di rintracciabilità del bene “tracing  of property”.

  1. Dalla ratifica della Convenzione dell’Aja al Trust and Trustee Act del 2004

Nel 1994 inoltre al fine di ratificare la Convenzione dell’Aja che è entrata in vigore il 1° marzo 1996, veniva promulgato il Recognition of Trust Act[103].

Con questa normativa vengono introdotte specifiche norme al fine di favorire l’utilizzo del trust nell’area commerciale.

Ed invero, infatti, la ratifica della Convenzione dell’Aja aveva contribuito allo sviluppo del trust in due settori tra cui il campo marittimo nel quale, per anni il ricorso al trust di garanzia era maggiormente diffuso.

Il secondo settore in cui il trust si era sviluppato era quello degli investimenti finanziari che, peraltro proprio nel 1994, era stato oggetto di regolamentazione a seguito di alcune direttive europee.

Tuttavia questi non furono gli unici settori in cui si sviluppò il trust. Ed infatti nel periodo tra il 1994 e il 2000 il numero di operazioni in cui veniva utilizzato il trust era considerevolmente aumentato, soprattutto in relazione a proprietà immobiliari maltesi anche se continuavano ad essere preferite, quale legge regolatrice, la normativa inglese o di Jersey.

Il Governo maltese, pertanto, in relazione a questo mutamento di prospettiva, iniziò a valutare l’ipotesi di rendere il trust parte della normativa nazionale, anche in considerazione del crescente consenso, anche se le maggiori difficoltà furono dettate dal riconoscimento in un ordinamento di diritto civile, di un istituto, qualificato di “common law”.

I lavori preparatori al Trust and Trustee Act del 2004, si contraddistinguono per il fatto che il legislatore aveva deciso di uniformarsi alla normativa inglese, allontanandosi dal modello fornito dalla Trust Jersey Law del 1984, sul presupposto che Malta potesse legittimamente essere considerata, sotto certi aspetti caratterizzata da un sistema legale misto.  È chiaro quindi il tentativo di introdurre nel sistema maltese regole giuridiche inglesi, che già in via interpretativa erano utilizzate dalle Corti Maltesi.

Il progetto di Trust and Trustee Act,  implicò peraltro, la revisione di numerose leggi al fine di inquadrare il trust nelle differenti aree dell’ordinamento nazionale[104].

Fu inoltre abrogata la legge di ratifica della Convenzione dell’Aja il cui contenuto è stato inserito nel corpo del Trust and Trustee Act del 2004[105]. Questa scelta è stata giustificata in ragione del fatto che il legislatore, in tal modo, è maggiormente libero nella redazione e modifica delle norme (ad es. la nuova legge riconosce i trust verbali mentre la Convenzione trova applicazione solo ai trust creati per iscritto).

Il Trust and Trustee Act del 2004 risulta così diviso in tre parti: la prima descrive il trust, gli effetti che conseguono alla sua istituzione, I diritti e le facoltà dei soggetti coinvolti, la seconda regolamenta l’attività del trustee mentre l’ultima parte è dedicate alle regole procedurali.

  1. L’orientamento delle Corti maltesi sull’istituto del trust

In materia di trust la prima sentenza rilevante risale al 1969 nella controversia Buttigieg v Avellino[106]. Il testatore aveva lasciato all’erede la casa di sua proprietà ed i beni contenuti al suo interno, escludendo espressamente ogni diritto sulle somme di denaro depositate presso istituti di credito sia maltesi che stranieri. L’erede si opponeva sostenendo di avere un titolo anche per ricevere le somme di denaro ed, in particolare, quelle depositate in un conto corrente aperto presso una banca in New York che, a suo giudizio, costituivano il fondo di un trust di cui egli era bene­ficiario. La corte, dopo aver analizzato le clausole nel trust, concludeva che: l’atto istitutivo era revocabile; il testatore attraverso il testamento, redatto in data successiva all’istituzione del trust ed il cui contenuto contrastava con le disposizioni beneficiarie, aveva re­vocato il trust.

In Cassar Pullicino v Mangion[107] viene stabilito che il trustee, nominato da una corte inglese nell’ambito di una procedura di bancarotta, ha pieno titolo per prendere possesso delle somme depositate su un conto aperto presso un istituto di credito maltese. Il giudice ritiene di essere competente a decidere nel merito e stabilisce che tali somme non possono, come sostenuto dalla difesa, essere nella titolarità di un diverso soggetto in forza di un mandato irrevocabile poiché non era stata fornita sufficiente prova dell’esistenza di tale rapporto.

In Andrews v Borg[108] l’attore ed il convenuto avevano istituito un trust, di cui erano anche beneficiari, per acquistare beni immobili in Malta. Il trustee era stato individuato nel convenuto la cui residenza era nel territorio maltese; quest’ultima in­formazione rileva poiché, in forza di una legge nazionale[109], i soggetti non residenti possono acquistare proprietà immobiliari solamente osservando determinate condi­zioni e previo ottenimento dei necessari permessi. La controversia era sorta poiché il trustee, dopo aver proceduto all’acquisto, non aveva trasferito all’altro beneficiario la relativa quota sul fondo in trust, come spettante in base agli accordi tra le parti. La corte respingeva le richieste dell’attore poiché l’accordo tra le parti aveva una causa illegale, rappresentata dall’acquisizione di un immobile a Malta attraverso il trust da parte di un soggetto non residente che non aveva osservato le disposizioni di legge.

A seguito degli emendamenti del 2004, la legge in materia di acquisto di proprietà immobiliari da parte di soggetti non residenti è stata emendata e viene precisato che nella definizione di non residente sono compresi:

– ogni persona giuridica, ente, associazione e organismi similari qualora una quota pari o superiore al 25% delle sue partecipazioni o del suo capitale sia detenu­ta da non residenti o registrata nel nome di un trustee per il beneficio di non resi­denti;

– ogni trustee che non sia residente a meno che tutti i beneficiari con una posi­zione definitivamente acquisita siano residenti e in caso di trust discrezionale il po­tere di individuare gli stessi possa essere esercitato in favore di residenti a Malta;

– ogni trustee residente se ciascuno dei beneficiari non è residente e in caso di trust discrezionale il potere di individuare gli stessi possa essere esercitato in favore di non residenti.

Le tipologie di trust nel Regno Unito e a Malta

  1. Gli express trust nel Regno Unito

Per express trust ci si riferisce a quei trust che vengono ad esistenza in seguito ad espressa manifestazione di volontà da parte del disponente nelle forme che vengono ritenute valide dalla legge, si tratta quindi di trust espressamente istituti[110].

Elemento essenziale per la costituzione di un express trust inter vivos è che il disponente abbia effettivamente trasferito i beni oggetto dell’attribuzione fiduciaria al trustee, creando in tal modo i presupposti per la separazione fra il diritto di proprietà e l’interesse equitativo. Se non vi è separazione, il trust non è eseguibile perché, in concreto, non esiste[111]. Al fine di evitare siffatto risultato il settlor deve porre in essere tutte le formalità necessarie per investire il trustee del full legal title sui beni o diritti oggetto del rapporto, salvo che egli stesso si dichiari trustee nell’interesse del beneficiario[112]. Utilizzando gli schemi dello ius civile, possiamo affermare che la fattispecie è complessa in quanto composta da due atti unilaterali funzionalmente collegati: quello istitutivo (in cui è espressa la volontà del settlor) e quello dispositivo, che investe il trustee del titolo d’appartenenza. Quest’ultimo negozio è sottoposto alle formalità tipiche delle fattispecie traslative dei beni o del diritto isolati nel trust (conveyance e assignment rispettivamente per i freehold land e leasehold land non immatricolati, transfer e registration del transfer nel Land Registrer per gli immobili già immatricolati e nel Register of Shareholders per le partecipazioni azionarie, delivery e indorsement per le cambiali o altri titoli cartolari, delivery of possession per i chattels), mentre il primo è a forma libera qualora si tratti di personal property e scritta in materia di land ( freehold e leasehold property).

Va precisato che gli express trust sono estranei a qualsiasi componente di contrattualità[113] nel senso che la natura giuridica dell’atto istitutivo del trust non è quella di proposta contrattuale effettuata al trustee ma, si è in presenza di un atto giuridico unilaterale avente natura negoziale[114].

L’accettazione dell’incarico da parte del trustee non costituisce in nessun caso accettazione di proposta contrattuale, non è infatti, l’accettazione del trustee a determinare la nascita del trust, bensì l’atto di volontà del disponente finalizzata a questo scopo[115].

Vero è che a contrario vi è invece, chi ha affermato la natura contrattuale dei trust espressamente istituiti[116] , ciò in ragione dell’emergere del trust companies[117], società operanti nell’ambito dei mercati finanziari per il tramite di un’attività di assistenza ai clienti nell’istituzione e nella successiva gestione di trust il cui oggetto è costituito da valori mobiliari.

In questo schema è dunque senz’altro rinvenibile una componente di contrattualità, dato che tra il cliente e la società che offre il servizio richiesto verrà stipulato un contratto. Tuttavia è stato ribadito che in realtà non viene intaccata l’essenza giuridica del trust, né viene a modificarsi il naturale ruolo del trustee, quale preposto alla tutela degli interessi dei beneficiari e non di quelli del disponente-cliente.

La contrattualità del trust è stata ancora sostenuta in ragione dell’affermarsi della figura del protector e della pratica della letter of wishes[118].

Circa i beni inclusi nel termine land il requisito formale è previsto ad substantiam ai fini del trasferimento del diritto sul bene (s. 2, Law of Property – Miscellaneous Provisions – 1989), e ad probationem (s. 53, 1, b, Law of Property Act 1925) per quanto attiene alla manifestazione della volontà costitutiva. Occorre però notare come la s. 53 sia stata stravolta dalla giurisprudenza chiamata ad applicare i principi di equity: sussistendo un efficace trasferimento di proprietà non accompagnato dalla formalizzazione per iscritto dell’intento costitutivo, i giudici d’oltremanica ammettono la prova della volontà di porre il patrimonio sotto il controllo del fiduciario mediante successivi atti di riconoscimento ed anche per testimoni, così da impedire al trustee infedele la rinnegazione del vincolo fiduciario[119].

Quindi il trasferimento del diritto sui beni oggetto del trust  dev’essere effettivo oltre che dal punto di vista sostanziale, anche per quanto attiene all’investitura formale. In difetto, i beneficiari (se volunteers) sono privi di qualsiasi equitable proprietary interest e, allo stesso tempo, sforniti di pretese esecutive dell’obbligazione di dare[120].

Su questo tema è importante il principio secondo cui equity will not perfect an imperfect gift. Vale a dire: se il settlor non pone il patrimonio sotto il reale controllo del trustee, l’atto costitutivo non è tutelato dall’equity, che will not assist a volunteer. Né un trasferimento imperfetto può essere di regola convertito in un’implicita costituzione di trust[121].

L’attribuzione al fiduciario del potere-dovere di controllo sui beni del trust  non è suscettibile di simulazione. Ed è per questo motivo che trova ancor oggi applicazione l’antica massima donner et retenir ne vaut. Ciò significa che la posizione del disponente è comparabile con quella del donatore, nel senso che egli oltre certi limiti non può riservarsi poteri vincolanti l’attività di gestione del trustee sui beni oggetto del rapporto. È quindi essenziale che il fiduciario eserciti in regime d’indipendenza gli atti d’amministrazione e disposizione del patrimonio nell’interesse dei beneficiari, così da soddisfare l’affidamento su di lui riposto dall’istitutore. L’autonomia che separa la posizione giuridica del trustee dal settlor giustifica il principio in forza del quale il primo è esclusivamente obbligato nei riguardi dei beneficiari entro i limiti delle clausole dell’atto istitutivo.

Andando ora ad analizzare invece la revocabilità del trust va detto che l’atto in questione non è naturalmente revocabile, in quanto a questo scopo è necessario che il disponente si riservi espressamente questa possibilità nel momento in cui manifesta la volontà di  creare un trust.

Detto in altre parole, se nulla è espressamente detto, il trust si presume irrevocabile. Questa regola è fondata sul presupposto che i trust revocabili sono spesso degli utili strumenti per l’elusione fiscale.

Erroneo è quindi considerare alcuni tipi di trust revocabili come ad esempio quelli aventi per oggetto una somma di denaro destinata a soddisfare i creditori del disponente, perché in realtà si tratta esclusivamente di un’opportuna disposizione del termine finale del trust (ovvero condizionato all’accettazione dei creditori)[122].

  1. I private express trust nel diritto inglese

Nell’ottica dei trust espressamente istituiti occorre fare un’ulteriore classificazione tra private e pubblic o charitable trust. Il criterio adottato nell’operare questa bipartizione è quella dello scopo perseguito mediante l’istituzione di un trust.

Gli obiettivi predisposti dai private trust sono numerosi ed infiniti, ma trovano un denominatore comune che consiste nel far godere dei benifici a soggetti determinati dal disponente; chi, invece, pone in essere un charitable trust intende riconoscere benefici a masse di soggetti pi ampi appartenenti a determinati gruppi.

Altra suddivisione che rileva in seno agli express trust è resa possibile dal fatto che i beneficiari possono godere dei beneficia seconda della volontà del disponente, durante il corso della sua vita o dopo la sua morte. Nel primo caso, si parlerà di private trust inter vivos, nel secondo private trust mortis causa.

Anche per i public trust rileva la stessa distinzione (inter vivos e mortis causa) anche se, in realtà costituiscono il caso più frequente.

È, tuttavia, opportuno sottolineare che non esistono delle rilevanti differenze nella disciplina di questi ultimi due tipi di trusts.

  1. I public o charitable trust nel diritto inglese

A seguito della grande importanza assunta nel Regno Unito i charitable trust occupano un posto fondamentale nella disciplina del trust.

Come menzionato nel paragrafo precedente, i charitable trusts si differenziano dai private trusts nel fatto che qui l’oggetto del trust non è destinato al vantaggio di determinati soggetti, ma al raggiungimento di obiettivi che la legge riconosce come charitable[123].

Ai trustees viene affidata l’amministrazione dei beni e dei diritti del trust, questi hanno l’obbligo di operare per il raggiungimento  dell’obiettivo specificato, nel rispetto di regole speciali[124] rispetto a quelli vigenti per i trustees dei private trusts[125].

In merito alla loro impugnabilità essa è prerogativa di un Attorney General un pubblico ufficiale che ha, generalmente, la funzione di rappresentare il pubblico interesse. Un apposito organismo statale composto dai Charity Commisioners effettuano il controllo sull’oprato dei trustees e su altri aspetti dei charitable trust.

I  Charity Commisioners hanno anche il potere di sostituire i trustees e di richiedere, periodicamente, a questi ultimi dei rendiconti[126]

In generale, possiamo affermare che la disciplina dei charitable trusts rileva essere meno rigida rispetto a quella per il private trust, questo puòtrovare una giustificazione nell’intenzione del legislatore di favorire la loro creazione per il raggiungimento di finalità di interesse pubblico.

Una prima differenza rilevante consiste nel fatto che i charitable trust non sono sottoposti a limitazioni in merito alla loro durata, possono, pertanto, durare all’infinito. Non è inoltre richiesto cha alla loro creazione vi sia certezza circa l’obiettivo che intendono perseguire, la giurisprudenza, a tal proposito, ritiene sufficiente l’utilizzo delle parole “for a charitable purpose”.

Nel caso dei private trust nel caso i cui non sono riconosciuti validi, nonostante il trasferimento a favore del trustee si sia già verificato, si genera una fattispecie di resulting trust  il cui beneficiario è il disponente originario. Questa regola non viene applicata per i charitable trusts, per i quali vige un principio detto cy-près scheme[127]. In base a questo principio, qualora non fosse possibile raggiungere l’obiettivo per diverse ragione, il trust è da ritenersi, comunque, valido e il suo oggetto viene utilizzato per raggiungere altre finalità simili a quella originaria.

Il cy-près scheme trova applicazione solo nell’ ipotesi di sopravvenuta impossibilità a conseguire l’obiettivo, e non nel caso in cui questo non poteva essere raggiunto sin dal momento in cui il trust era stato creato, in tal caso il trust deve considerarsi nullo a meno che non si possa dimostrare che la volontà del disponente fosse quella di perseguire una finalità genericamente charitable[128].

Spetta ai charity commissioners la competenza ad esaminare e decidere in quali casi integrare l’obiettivo non raggiungibile, gli stessi, nel caso in cui ritengono non sia possibile effettuare questa integrazione, provvederanno a dichiarare nulla la donazione effettuata e quindi faranno in modo che nasca un  resulting trust.

I charitable trusts godono di un favor legis anche in campo tributario che si può riscontrare in diversi casi, ad esempio il reddito da essi conseguito non è soggetto a imposta sui redditi, inoltre il trasferimento dei beni ad un charitable trust è esente da imposta, i versamenti periodici del disponente, o di alti soggetti possono essere dedotti dal rispettivo reddito ai fini delle imposte dirette, i charitable trust non sono tenuti a pagare francobolli né altre tasse di spedizione.

Tuttavia gli organi competenti dedicano molta attenzione a questi aspetti quando devono pronunciarsi sulla validità di una charitable trust, poiché si è verificato che spesso alcuni trust vengano creati con l’intenzione di godere di benefici fiscali utilizzando come facciata lo scopo charitable.

A tal proposito rileva fondamentale una sentenza  del 1951[129] con cui la corte dichiarò che lo scopo perseguito da un’impresa di destinare fondi per l’istruzione di dipendenti appena assunti, di quelli già presenti nell’organico e dei loro figli, nonostante rientrassero nel principio di charitable purpose, non fosse, in verità charitable, poiché emerse che queste erano una mera facciata per ottenere agevolazioni fiscali.

Da questa sentenza emerge il potere che hanno gli organi preposti nel decidere se le finalità dei trust siano meritevoli di charitable e quindi di godere di tutti i vantaggi sopra menzionati.

La legge, in verità, non si è occupata di offrire un quadro normativo preciso di riferimento[130], pertanto, l’attività dei giudici in questo settore è guidata da una lista dei tipi di beneficio da considerasi charitable. Tale lista, stilata dai giudici nel tempo non può considerarsi chiusa in virtù del fatto che il concetto di charitable richiede un costante adeguamento alle condizioni socio-economiche contingenti.

Un apporto fondamentale è avvenuto ad opera di Lord Macnaughten che con una sentenza del diciannovesimo secolo[131] formulò un elenco di quattro principali categorie di benefici da considerarsi charitable[132]. Il primo elenco contiene tutte le finalità rivolte al sostentamento dei poveri, il secondo quelle di supporto alle istruzioni il terzo quelle finalizzate alla divulgazione della religione e il quarto ha un carattere residuale, facendovi rientrare tutte quelle attivit che arrechino beneficio alla collettività[133].

Le prime tre categorie non hanno riportato problemi, ma per quanto riguarda la quarta si ritiene che il concetto di charitable, sia molto ampio e quindi difficile da gestire.

Comunque vi sono stati ulteriori interventi giurisprudenziali[134] che hanno chiarito che le finalità contenute nella quarta categoria possono considerarsi charitable solo se in casi precedenti le altre corti le abbiano ritenute tali o se tale qualifica arriva tramite apposita legge[135].

In ultimo le finalità politiche non rilevano aventi qualifica di charitable, a tal proposito si menziona la sentenza con la quale la Houe of Lors non considerò charitable lo scopo di Amnesty International[136] di promuovere l’abolizione delle torture e della pena di morte nel mondo, poiché avrebbe dovuto comportare la modificazione della legge di paesi con risvolti i carattere politico.

  1. I trust non espressamente  istituiti a Malta                           

 L’atto istitutivo di trust è il negozio per mezzo del quale il disponente enuncia il programma e nomina il trustee. Quando il compito è rimesso dal trustee alla leg­ge, manca il disponente e manca l’atto istitutivo.  In quest’ultimo caso la dottrina par­la di trust non espressamente istituito: il riferimento corre ai resulting trust, con­structive trust e statutory trust, fattispecie che presentano quale elemento comune il sorgere di un trust nudo “bare trust”[137].

Quando i beneficiari sono titolari di posizioni assolute, cosicché il trustee man­tiene il controllo del fondo se e in quanto essi lo desiderino e secondo le loro di­rettive, il trust è detto nudo. Conseguentemente, il trustee:

– esercita le sue obbligazioni verso soggetti titolari di posizioni beneficiarie asso­lute;

– è privo di discrezionalità, in particolare, rispetto la destinazione del reddito che è tenuto a devolvere ai beneficiari, od utilizzare secondo le relative indicazioni, una volta percepito.

Numerosi esempi sono forniti, in diritto inglese, di trust istituito dalla legge[138]:

–         nel campo del diritto amministrativo[139];

–         con riferimento alla comproprietà immobiliare[140];

–         in relazione al patrimonio ereditario in caso di Successione ab intestato[141].

Riguardo a queste ultime due fattispecie, la legge[142] stabilisce che:

–         il bene oggetto di comproprietà rappresenta il fondo in trust per il beneficio dei comproprietari, i quali hanno il diritto di sfruttarlo o venderlo;

–         il patrimonio ereditario rappresenta il fondo del trust istituito per ripartire i sin­goli cespiti parte dell’eredità tra gli eredi legittimi dopo che siano stati pagati i debiti ereditari, fermo restando il potere di alienare il patrimonio.

In diritto maltese gli esempi sono, invece, inferiori: il riferimento è, in partico­lare, all’art. 958A(4) cod. civ., il cui titolo è “Statutory trust”. La norma considera la fattispecie in cui il legittimario agisce per far dichiarare l’inefficacia delle disposizioni testamentarie, degli atti a titolo gratuito o dei negozi di trasferimento al trustee che hanno leso i suoi diritti alla quota di legittima; qualora il trustee a seguito di tale azione sia costretto a vendere i beni parte del fondo, la legge stabilisce che il valore netto delle somme ricavate da ogni alienazione sia vincolato, a sua volta, in trust fi­no a che il reclamo del legittimario non sia risolto[143]. In questo senso la legge assu­me che il trust abbia una funzione di tutela per il legittimario il quale può fare affi­damento sull’intangibilità del fondo[144] ed attendere l’esito delle ulteriori azioni poste in essere al fine di soddisfare i suoi diritti.

Un’ulteriore ipotesi, richiamata nella disciplina successoria, è rappresentata dall’art. 958E cod. civ.

Nella categoria dei trust non espressamente istituiti rientrano anche il resulting trust e il constructive trust, fattispecie che derivano da affidamento non formale o non negoziato o non voluto e oggetto di precise scelte del legislatore.

5-. I trusts fissi e i trusts discrezionali

L’atto istitutivo nei trusts discrezionali non specifica quali siano i soggetti beneficiari e la posizione equitativa da attribuire ad ognuno, ma delega tali determinazioni ai trustee o al protector[145].

Il disponente ha la facoltà di rimettere al trustee anche la decisione se distribuire tra i beneficiari l’intero reddito o una parte di esso o nulla[146].

Nel trust discrezionale, il trustee può ignorare uno o più beneficiari sia nella distribuzione del reddito che in quella del capitale[147].

Ne deriva, dunque, che i trusts fissi sono quelli che individuano uno  più beneficiari come titolari del diritto equitativo di ricevere il reddito o il capitale disposto nell’atto istitutivo[148].

Vi sono, diverse fattispecie di trust discrezionale accomunate dal fatto che i beneficiari possono solo essere presi in considerazione dal trustee quali possibili destinatari di una distribuzione di reddito, senza poter avanzare altro diritto.

La discrezionalità del trustee è insindacabile ed essendo la posizione dei beneficiari carente di contenuto sostanziale, il curatore fallimentare di un beneficiario, quindi, non acquista alcuna titolarità nei confronti del trustee.

Tuttavia, nel caso in cui i beneficiari appartengano  ad una categoria chiusa o ad una lista non integrabile, essi possono agire insieme nei confronti del trustee, convenendo come ripartire il patrimonio, e ottenere dal giudice lo scioglimento anticipato del trust[149] .

Con la  l’introduzione della “capital transfert tax”, prima del 1974, gli scopi perseguiti dai disponenti, mediante l’istituzione di un discretionary trust, erano quelli di evitare l’assoggettamento ad alcune tasse sui beni tra i familiari[150].

Questi tipi di trust, grazie alla loro accentuata flessibilità ad adattarsi all’evolvere delle circostanze, hanno continuato ad essere molto utilizzati in contesti familiari.

Relativamente agli obblighi in capo al discretionary trustee essi sono di due generi: quelli comuni al trustee di un fixed trust, di attenersi alle disposizioni fornite dal settlor e quello di effettuare delle appropriate considerazioni prima di esercitare la discrezionalità[151].

Per appropriate, la legge intende che il trustee, prima di esercitare il potere discrezionale, valuti tutti gli elementi che ritiene necessari per la sua scelta, scartando quelli che ritiene non lo siano[152].

A tal proposito sorgono due problematiche, in primis, quali considerazioni devono essere sottostanti la scelta dei criteri discretivi, e una volta scelto, quale deve essere il livello appropriato della profondità delle informazioni da reperire sui beneficiari.

In relazione alla prima problematica si ritiene che i discretionary trustee non debbano far rientrare gli interessi di natura personale e i rapporti di carattere personale tra gli elementi valutati dei criteri discretivi[153].

Indipendentemente da questi casi, l’assenza di un riferimento legislativo preciso impedisce di determinare l’opportunità dei criteri di valutazione scelti dal trustee.

In altre parole, la legge inglese lascia liberi i trustee nella fase valutativa ed interviene solo quando i criteri adottati risultino palesemente “irrazionali, perversi o completamente diversi da quelli che si può presumere il disponente avrebbe desiderato fossero seguiti”[154].

Il secondo problema attiene la profondità (o la quantità) delle informazioni che un trustee è tenuto a prendere in considerazione una volta che  abbia scelto il criterio sul quale fondare l’esercizio della discrezionalità.

Non esiste, anche in questo caso, un riferimento preciso giurisprudenziale, tuttavia dall’esame delle sentenze, appare emergere una regola di base e cioè che il livello di profondità richiesto diminuisce con l’aumentare del numero dei soggetti fra i quali il trustee deve effettuare la sua scelta[155].

  1. I resulting trusts nel diritto inglese e in quello maltese

Quando accade che un bene sia trasferito in un trust, ovvero qualora le condizioni enunciate dal disponente non esauriscano gli interessi equitativi o non tocchino la totalità del beni trasferiti, ovvero quando il trust sia nullo o inefficace[156], si crea automaticamente un resulting trust[157].

Il diritto del disponente, a seconda dei casi, forma oggetto di un trust residuale in suo favore[158]. La funzione del trust resulting consiste nell’integrare l’atto dispositivo, facendo in modo che il diritto, o la parte di esso per il quale non si sia disposto, ritorni a far parte del patrimonio del disponente[159].

Volendo fare un esempio ci riferiamo al caso di un disponente che trasferisce un diritto di proprietà al trustee, il quale si impegna a detenerlo fino al compimento della maggiore età della figlia, ma qualora quest’ultima morisse prima di aver compiuto la maggiore età, lo scopo del trust non sarebbe raggiunto, per cui l’equility impone la nascita di un resulting trust, nel quale il trustee continua a detenere il diritto di proprietà ma a favore del disponente originario che diviene, dunque, beneficiario di questo nuovo trust.

L’equality, quindi, impedisce che il trustee divenga titolare di diritti che non abbiano una compiuta destinazione.

Il resulting trust emerge frequentemente nell’intestazione di beni a terzi, infatti, si presume, fino a prova contraria[160] che il bene o il diritto sia oggetto di resulting trust, quando un soggetto acquista un bene o diritto stipulando il contratto a favore di terzo e l’intestatario sia il trustee del soggetto che ha pagato il prezzo di acquisto[161].

Questa, tuttavia è una presunzione relativa, che si può smentire mediante ogni mezzo di prova[162] o da presunzione assoluta (presunzione di donazione- presumption of advancement[163]). Tale genere di presunzione opera solo quando la moglie s intestataria dei beni acquistati dal marito e non nel caso inverso[164], né in quello di acquisti della madre in nome dei figli[165]. Si nota come la presumption of advancement in favore della moglie stia perdendo vigore nel contesto dei nuovi rapporti economici fra i coniugi[166]. Se ne deduce che l’effettivo acquirente non possa superare in nessun modo la presumption of advancement e che pertanto il bene o il diritto appartengono pienamente all’intestatario[167].

I resulting trust si utilizzano spesso anche nel caso di acquisti di beni in comune, accade, infatti, che se se il denaro per l’acquisto del bene è dato in parte da un soggetto e in parte da un altro, e il bene è acquistato solo da quest’ultimo abbiamo un resulting trust[168] e l’intestatario del bene è trustee in favore dell’altro soggetto proporzionalmente al prezzo che questi ha versato.

Rileva a tal proposito una sentenza del 1993[169], in toni un po’ contraddittori alla legge, questo il caso: due socie, con i proventi della loro attività, acquistano una casa in cui vivono e lavorano insieme. La casa risulta intestata solo alla convenuta affinchè parte attrice possa figurare indigente e godere dei benifici assistenziali. Venuto meno il rapporto, la House of Lords si pronuncia affermando che la finalità illecita non riguarda il titolo d’acquisto ed è quidi irrilevante, se ne deduce che la casa è oggetto di resulting trust.

Analizziamo ora il caso in cui a seguito della consegna di una somma di denaro per il perseguimento di una specifica finalità si originano dei  resulting trusts.

Accade infatti che quando del denaro viene trasferito ad un soggetto affinchè lo utilizzi in modo determinato a beneficio di un terzo, la somma va considerata in trust in favore di quel terzo, ma nel caso in cui sia divenuto impossibile il raggiungimento dello scopo, questa diventa oggetto di resulting trust a favore dell’originario disponente[170].

Questa regola si è mischiata con le altre regole riguardanti l’effetto di questi trusts nei confronti dei terzi in una sentenza del 1968 della House of Lords[171], la corte in questo caso si è orientata nel senso di ritenere il mutuante beneficiario di un resulting trust per la somma consegnata  per il perseguimento di una finalità divenuta impossibile.

Questa flessibilità fra diritto stretto ed equality, consente al rapporto fiduciario che è alla base della consegna della somma al mutuatario di generare un resulting trust a favore del mutuante nel caso in cui lo scopo non sia realizzabile o non realizzato[172].

Tuttavia, accade frequentemente che chi ha istituito un trust voglia avvalersi impropriamente di queste regole sostenendo la nullità del stesso per illiceità o per altri motivi e che di conseguenza, i beni del trust sono soggetti a un resulting trust in favore del medesimo disponente. Per meglio comprendere, potremmo menzionare il caso del marito che fa in modo che la moglie appaia come proprietaria di certi beni con il solo scopo di ripartire il carico fiscale ed evitare di essere aggredito dai creditori[173]

Il legislatore maltese prevede una simile fattispecie a quella sin’ora descritta in un minor numero di casi rispetto al diritto inglese, per esempio l’intestazione di un bene ad un soggetto di­verso rispetto li colui il quale ha fornito la provvista per procedere all’acquisto è di­sciplinato, nell’ordinamento maltese, dall’istituto del mandato con obbligazioni fi­duciarie e, conseguentemente, non è necessario configurare una fattispecie di resulting trust.

Ipotesi di resulting trust sono disciplinate nell’art. 9(4) TTA in tema di man­canza dei beneficiari, nell’art. 15(2) TTA allorché il trust viene revocato e qualora il trust sia dichiarato nullo in forza del disposto dell’art. 11(6) TTA[174]. Inol­tre l’art. 16(1) TTA prevede un resulting trust qualora[175]:

–         un interesse venga meno;

–         il trust termini;

–         non esistano beneficiari e persone che possono divenire beneficiari in base alle clausole del trust.

Il trust non funziona, tuttavia esiste un patrimonio che non può rimanere nella titolarità del trustee; l’unica soluzione consiste nell’attri­buire il bene a chi era il suo legittimo proprietario e, in mancanza, ai suoi eredi.

Ulteriori ipotesi di resulting trust vengono considerate in caso di applicazione di una norma imperativa. Se, a seguito della riduzione del negozio di trasferimento al trustee, conseguente all’azione del legittimario leso, residui in trust una parte che eccede la quota spettante allo stesso legittimario, l’art. 958B(2) cod. civ. stabilisce che tale quota costituisca il fondo in trust per il beneficio degli eredi del disponente.

Talvolta il legislatore configura un trust utilizzando sia la fatti specie di resul­ting trust che di statutory trust. Il codice civile prevedeva limiti sulla quota di patrimonio che ogni coniuge potesse lasciare all’altro in forza di una valida disposi­zione testamentaria.

La previsione di un limite per la quota lasciata al coniuge tramite testamento è stata tuttavia abolita e la normativa sui trust deve essere emendata poiché la sua portata ap­plicativa è stata ridotta. Invece, mantiene una sua rilevanza con riferimento al divie­to di donazione tra coniugi, poiché, ai sensi dell’art. 1810 cod. civ., la donazione tra coniugi è nulla in mancanza dell’autorizzazione giudiziale[176].

  1. I constructive trusts nel Regno Unito e a Malta

In merito ai constructive trust, non abbiamo una definizione legislativa ben definita, ma un’ampia dottrina che si è molto dilungata sull’argomento.

In particolare la dottrina statunitense ha offerto un grosso contributo e le opinioni più accreditate sono quelle che hanno riscontrato nella realtà trusts istituiti per legge contro la volontà del disponente e da qui i constructive trusts intesi solo come oggetto di sentenza e la loro riconducibilità alla categoria  delle azioni o rimedi processuali[177].

Il diritto inglese si discosta da queste considerazioni[178].

Riguardo alla riconducibilità dei constructive trusts  alla categoria dei rimedi processuali, si menziona il fatto che alcuni autori abbiano sottolineato l’evanescenza del confine esistente fra i constructive trusts i tracing[179] , ma in realtà soltanto in alcuni casi i primi operano come oggetto di una sentenza di condanna e, una volta istituiti consentono al beneficiario di porre in esere un’azione di tracing. Il tracing, rileva, quindi come un’azione equitativa, mentre il constructive trusts è un rapporto giuridico personale appartenente al diritto sostanziale[180].

Per la legge inglese il contratto di vendita immobiliare solo se redatto nella forma del conveyance[181] produce l’effetto del trasferimento di proprietà a favore del compratore, può anche accadere che le parti prima della formalizzazione del contratto, concordino per una forma diversa rispetto a quella prevista dalla legge, in questo periodo intermedio cioè dalla dall’accordo informale sino alla sua formalizzazione, il venditore assume la figura di constructive trustee del bene in favore del compratore[182].

Viene, altresì, fatto rientrare nella qualità di constructive trustee, il soggetto che svolga funzioni caratterizzate da una colorazione fiduciaria ed in relazione ad ogni beneficio impropriamente ottenuto conseguentemente allo svolgimento di quelle funzioni[183]. A tal proposito emblematica la sentenza del 1988[184].

Questo tipo di applicazione della regola lo troviamo anche in altri settori e vedono come protagonisti: avvocati[185], mandatari ed agenti di commercio[186], soci[187] ed altri tipicamente operanti nella veste di fiduciari.

In diritto maltese, invece, il construtive trust è collegato, esclusivamente, ad una violazione del trust. L’articolo di riferimento è il 33 TTA, intitolato “Con­structive trust”; in forza di tale norma una persona che trae o riceve un profitto, guadagno o vantaggio dalla violazione del trust deve essere considerata[188] quale tru­stee dei relativi profitti, guadagni o vantaggi mentre il beneficiario è considerato il beneficiario del trust o la persona in danno del quale il profitto, il guadagno o il vantaggio è stato creato.

Il legislatore ritiene inapplicabile, per mancanza del presupposto normativo, la disciplina del constructive trust al soggetto che acquista beni in buona fede e a tito­lo oneroso.

Inoltre, alla disciplina del constructive trust sono collegate le regole stabilite con riferimento alla rintracciabilità del bene.

Le ulteriori ipotesi di constructive trust previste in diritto inglese non sono sta­te recepite dal diritto maltese e fattispecie simili sono state ricondotte nell’alveo del­la obbligazione fiduciaria. Il legislatore ha preferito disciplinare una serie di mezzi di tutela “quasi-contratual remedies” invece che utilizzare il constructive trust quale rimedio generale.

La paura di creare un rimedio che potesse non risultare effi­cace ha motivato la decisione di dividere la regolamentazione in due parti:

–         il constructive trust qualora la violazione sia commessa da un trustee;

–         rimedi per il comportamento disonesto e non coscienzioso, negli altri casi.

L’art. 1124A(3) cod. civ. è il risultato di una simile scelta e disciplina la situazione che consegue alla violazione dei doveri da parte del fiduciario con la compli­cità di una parte terza.

La nascita di un’obbligazione fiduciaria è, in questo senso, maggiormente affine al modo di pensare del legislatore maltese e meno complessa.

Forzare un sistema attraverso l’introduzione di un unico rimedio, costituito dal trust generalmente applicabile in ogni situazione di violazione delle obbligazioni fiduciarie avrebbe rappresentato solo una presa di posizione. Era fondamentale verificare se in caso di violazione di un contratto di mandato o deposito potesse trovare applicazione un rimedio diverso rispetto a quanto previsto nella relativa disciplina. La risposta era stata affermativa ma il rimedio era stato in­dividuato nella nascita di un’obbligazione fiduciaria: estendere i rimedi stabiliti per il trust alle violazioni di istituti diversi dal trust avrebbe generato ambiguità.

  1. Il protective trust a Malta

Si ha protective trust, quando l’interesse del beneficiario viene meno all’occor­rere di un certo evento. In diritto inglese si distingue fra condizione risolutiva e “determinable interest”. La condizione risolutiva opera sul diritto facendolo veni­re meno in conseguenza del suo verificarsi; il “determinable interest” nasce fin da principio con una inerente limitazione: esso dura fino a quando, non viene meno qualora. Il quando riguarda gli atti dispositivi e i procedimenti in forza dei qua­li il diritto del beneficiario viene aggredito dai suoi creditori: secondo la termino­logia legislativa, qualsiasi evento in conseguenza del quale il beneficiario sarebbe privato dei suoi diritti sul reddito del trust o del suo diritto di ricevere versamenti periodici dal trustee.

L’art. 13 TTA, stabilisce che le clausole di un trust possano sottoporre l’interes­se di un beneficiario:

– a termine;

– a limiti per la sua alienazione o contrattazione;

– a restrizione o termine nell’eventualità in cui egli fallisca, diventi insolvente o i suoi beni subiscano un sequestro giudiziario a beneficio dei suoi credi tori;

– non suscettibile ad essere aggredito da un sequestro da parte di terzi emesso contro il trustee o di terminare senza il preventivo consenso della autorità giu­diziaria, qualora tale interesse sia stato creato per il mantenimento del benefi­ciario o come forma di pensione.

Per effetto di legge, nel momento in cui l’interesse del beneficiario venga me­no, nasce una diversa posizione beneficiaria, in favore del titolare di tale interesse e dei suoi familiari, soggetta alla discrezionalità del trustee.

Se la relativa definizione è conforme al modello internazionale, la vera novità di questo articolo è rappresentata dalla possibilità di costituire una rendita o una pensione a favore del beneficiario. L’art. 13(2) TTA è maggiormente esplicito poiché permette l’istituzione di un trust testamentario con la previsione di una posizione beneficiaria consistente in una rendita annuale, pensione, uso o godimento del fondo in trust. Le clausole del trust possono proteggere un simile interesse del bene­ficiario in forza della disciplina generale di cui al comma  l, del me­desimo articolo. Il principio ispiratore di questa scelta è contenuto nell’art. 736 cod. civ. ai sensi del quale è possibile costituire, attraverso un legato testamentario, una pensione o un usufrutto a favore di un soggetto, stabilendo che non sia aggredibile da terzi aventi causa ovvero sia inalienabile, in tutto o in parte; lo stesso articolo prevede, altresì, che qualora la dichiarazione di non aggressione o inalienabilità venga resa in termini generali, sia possibile considerarla valida ed operativa anche rispetto ai debiti contratti dal legatario dopo che questi abbia iniziato a beneficiarie del legato testamentario.

  1. Il trust di accumulo e mantenimento.

Il trust di accumulo e mantenimento è previsto dall’art. 26 TTA il cui comma l stabilisce che le clausole di un trust possano prevedere o autorizzare l’accumulo di tutto o parte del reddito senza limiti temporali ad eccezione del rispetto del ter­mine massimo di durata che ricordiamo è 100 anni, ad eccezione dei trust di scopo charitable e unit trust per i quali non sono previsti limiti: in mancanza di una simile previsione il trustee distribuisce il reddito secondo le disposizioni con­tenute nell’atto istitutivo.

Anche se la possibilità di utilizzare il reddito accumulato per il mantenimento di un beneficiario viene disciplinata solo nel comma 2 dell’art. 26 TTA e con riguardo ad un soggetto in determinate condizioni[189], riteniamo che l’applicazione di una simile fatti specie abbia carattere generale.

Il contenuto dell’obbligazione di mantenimento è ben definito nel codice civile maltese, in particolare:

–         art. 3B in base al quale il matrimonio impone ai coniugi l’obbligazione di pren­dersi cura, mantenere, istruire ed educare i figli nati dalla loro unione tenendo in considerazione le loro capacità, inclinazioni e aspirazioni;

–         art. 19 che specifica come il mantenimento includa il cibo, i vestiti, le cure me­diche, l’abitazione e l’educazione.

Sempre in tema di obbligazione di mantenimento l’art. 20 cod. civ., con parti­colare riferimento ai figli e parenti indigenti, specifica che la posizione beneficiaria verso un reddito deve essere tenuta in considerazione nel momento in cui viene valutata la possibilità di ricevere o contribuire al mantenimento di un soggetto; nuo­vamente la legge ribadisce che tramite il trust una persona non possa eludere le ob­bligazioni e i doveri imposti e tutelati a meno che la stessa legge non permetta una deroga.

Una norma di tutela, molto efficace e diretta, è prevista poi dall’art. 37(2) TTA: se una persona domiciliata a Malta non adempie alla obbligazione di mantenimento cui è tenuta ai sensi del codice civile e sia beneficiaria di un trust discrezionale, l’au­torità giudiziaria ha il potere di influire sull’esercizio della discrezionalità del trustee e considerare la persona avente diritto di mantenimento. La regola ha carattere stra­ordinario poiché in ogni altra circostanza la corte non ha il potere di interferire con la discrezionalità del trustee; la fonte ispiratrice di una simile disposizione sono stati i recenti sviluppi avvenuti nella giurisprudenza inglese e la reazione avuta contro l’utilizzo del trust per arrecare un danno ai componenti la rispettiva famiglia. La norma è riferita, solamente, a fattispecie di trust discrezionale poiché, se l’interesse del beneficiario è definitivamente acquisito, il terzo avente diritto di mantenimento può, direttamente, aggredire la relativa posizione beneficiaria o chiedere al trustee, ed eventualmente far valere in giudizio, la tutela dei suoi diritti.

È possibile che l’accumulo del reddito urti contro i desideri o le necessità del beneficiario. In simili fattispecie il trustee potrebbe anche subire forti pressioni per utilizzare il reddito. Il legislatore tenta di fornire una soluzione soddisfacente. Un trustee[190], in mancanza di disposizione contraria, può destinare i beni per la soddi­sfazione di un beneficiario nel modo ed in conformità con quanto egli valuti appro­priato.

Inoltre, il trustee[191] può anticipare o utilizzare, sempre per il vantaggio di un beneficiario, parte del fondo in trust prima del verificarsi dell’evento in base al qua­le tale soggetto acquisirebbe un beneficio assoluto su tale patrimonio; in ogni caso la legge[192] stabilisce che quanto anticipato, utilizzato o destinato:

–         sia imputato sulla quota del beneficiario;

–         non possa eccedere la quota del beneficiario presunta o definitivamente acqui­sita, salvo che le clausole del trust autorizzino un diverso trattamento.

La legge non consente al trustee di trattare in misura maggiormente lesiva un be­neficiario rispetto ad un altro in forza del principio di parità di trattamento ed u­guaglianza. Questo è un principio fondamentale nel diritto dei trust e la legge maltese lo ribadisce in diverse circostanze. La norma mantiene, peraltro, la pos­sibilità per il disponente di derogarvi ed in questo senso esprime un altro princi­pio del diritto dei trust che consiste nella libertà per tale soggetto di stabilire le regole da lui ritenute maggiormente opportune, purché non siano contrarie alla legge.

L’art. 2095D cod. civ. sottolinea la differenza fra la costituzione di una rendita annuale-perpetua o per la vita in base alle disposizioni del codice civile e attraverso il trust, creato per atto tra vivi o in forza di testamento, stabilendo che in quest’ultimo caso le obbligazioni del trustee e i diritti dei beneficiari siano regolati esclusivamente dalle clausole del trust e dalla, eventuale, norma­tiva collegata.

Il contratto di rendita viene regolato negli artt. 1689-1712 cod. civ. ed anche in questo caso le similitudini con la regolamentazione prevista nel codice civile ita­liano sono molteplici.

Esso consiste nel pagamento annuale di una somma di de­naro a fronte dell’assegnazione di un bene mobile o immobile o del pagamento di una somma di denaro.

Lo strumento che crea la rendita deve essere redatto per i­scritto ed in caso di assegnazione di bene immobile l’atto deve osservare la forma pubblica. L’assegnazione di un bene immobile comporta che, dal momento della registrazione del relativo atto, la proprietà sia dell’assegnatario nonostante ogni diversa previsione contenuta. La rendita può essere stabilita per la vita o perpe­tua.

Nella realtà  del legislatore le rendite annuali create in base al codice civile so­no contratti aleatori mentre il diritto di ricevere un reddito generato attraverso il trust non può essere considerato tale.

Il differente trattamento giuridico comporta, in particolare, che il trustee non possa essere soggetto alla disciplina del riscatto della rendita; inoltre, la costituzione di una rendita annuale perpetua attraverso il paga­mento di una somma di denaro non può eccedere il quattro per cento della somma pagata[193], mentre questo limite non si applica con il trust così come nel caso di ren­dita annuale vitalizia[194].

Riguardo a quest’ultima forma l’art. 1711 cod. civ. stabili­sce la possibilità di prevedere, qualora la rendita sia stata creata a titolo gratuito, che non sia attaccabile da un ordine di sequestro e non possa essere alienata o venduta. Questa previsione è simile a quanto disposto dall’art. 736 cod. civ. ed in tema di protective trust.

  1. Le figure che caratterizzano il trust a Malta

L’art. 18 comma (2) TTA fornisce i criteri di individuazione della figura del trustee che deve essere quella persona fisica maggiorenne e capaci di agire oppure ogni persona giuridica che abbia incluso nell’oggetto sociale l’attività di trustee. Perciò non potrà rivestire tale posizione un soggetto[195] interdetto, incapace o fallito, che sia stato giudicato responsabile di un crimine contro la fiducia pubblica, di furto, frode o di aver ricevuto, consapevolmente beni ricavati da furto o frode, minore di età e a carico del quale sia stato emesso un decreto di inibizione (ai sensi dell’art. 53 TTA).

Su quest’ultimo punto va chiarito che la legge stabilisce che l’autorità giudiziaria può emanare un decreto di inibizione ad adempiere alla funzione di trustee contro ogni persona che sia stata giudicata colpevole di un crimine che possa essere perseguito con una pena superiore ala multa o nel caso in cui abbia violato le prescrizioni dettate dalla legge sui trust. Inoltre, è sottoposto a decreto di inibizione il soggetto la cui condotta (quale trustee) lo ritenga inappropriato a svolgere le funzioni di trustee.

Il periodo di inibizione è stabilito non inferiore ad un anno e non superiore a 15 anni. In questo periodo è precluso al soggetto interessato (anche in via indiretta o quale delegato) lo svolgimento delle funzioni di trustee o di fiduciario. Questa disposizione tende a dare la massima tutela e dimostra l’interesse del legislatore a dimostrare che il trustee sia idoneo in ogni momento ad assolvere alla funzione affidata.

Quando il numero di trustee sia variabile e quindi ad esempio in caso di un collegio, la proprietà è nella titolarità di ciascuno pro indivisio. Inoltre, i componenti dovranno agire congiuntamente ed essere concordi nell’esercizio del relativo potere al meno che, in situazioni di emergenza, non sia possibile per alcuni partecipare.

In caso in cui la decisione debba essere presa a maggioranza, i componenti contrari che costituiscono l’ufficio possono far registrare il proprio dissenso.

Il legislatore nella sua impostazione dell’istituto ha considerato due aspetti prioritari. Il primo riguarda la migliore e efficiente gestione in qualsiasi momento. In questo caso l’urgenza andrà valutata in base all’importanza della soluzione da adottare che di conseguenza dipende dalla potenziale gravità del danno generato dalla mancata assunzione di una decisione. Per quanto riguarda il secondo aspetto, il legislatore considera la massima trasparenza nella gestione tale che il parere espresso possa sempre risultare rilevante.

Andando ad esaminare il caso in cui il trustee manchi nell’ufficio va evidenziato che questa mancanza non costituisce causa di invalidità o termine del trust. L’art. 18 TTA delinea il caso in cui il trustee non abbia un successore. Va osservato preliminarmente che l’atto istituito prevede al suo interno le regole inerenti la successione del trustee. Quindi la disciplina dell’art. 18 TTA va indubbiamente applicata in via residuale.

Un altro punto fondamentale riguarda la nomina e la sostituzione del trustee; infatti, nessuno è obbligato ad accettare l’ufficio del trustee ma in caso di nomina ed assunzione di un comportamento concludente rispetto ai beni si considera che aver accettato l’ufficio[196].

Andando più nello specifico, però, ci accorgiamo che l’art. 19 TTA non chiarisce il significato di “comportamento concludente”. Può essere ritenuto tale, però, ogni atto di amministrazione o disposizione del fondo in trust. Anche nel caso in cui un soggetto si presenti ai terzi come trustee, anche se non abbia compiuto nessun atto, tale atteggiamento esprime l’accettazione in quanto, a prescindere da un gesto materiale, egli ingenera un affidamento ai terzi.

Un trustee può dimettersi tramite comunicazione scritta invita agli altri trustee o in mancanza ai beneficiari o qual’ora anche in questo caso non sia possibile al disponente. Le dimissioni hanno effetto dal momento del ricevimento della relativa comunicazione.

Non hanno validità, a tal fine, le dimissioni che siano rese al fine di agevolare una violazione del trust e che comportino la mancanza del trustee.

Il beneficiario è definito, secondo la legge maltese, chiunque riceve un beneficio dal trust e comunque è il soggetto verso cui può essere esercitata una discrezionalità riguardante la distribuzione dei beni in trust.

Nel diritto dei trust[197], invece, il beneficiario è considerato quale proprietario equitativo del fondo e concretamente rappresenta un creditore speciale del trustee per due motivi.

In primo luogo il trustee è tenuto alle obbligazioni incombenti sui fiduciari e in secondo luogo la posizione dei beneficiari si avvale della forma di tutela più intense di quelle che sorgono in capo agli ordinari titolari di un diritto di credito.

Nel testo normativo maltese, il termine beneficiario viene utilizzato senza ulteriori specificazioni, il riferimento infatti include tutte le diverse posizioni beneficiarie che possono essere create (posizione da acquisire o acquisita).

Per i criteri di individuazione del beneficiario va richiamato l’art. 9 TTA che ha stabilito che deve essere identificabile per nome[198], individuabile tramite il riferimento ad una categoria o alla relazione con persone[199] deve essere determinato[200] e i diritti dei soggetti sorgono soltanto se nascono vitali[201].

Inizialmente, la legge maltese avrebbe dovuto basarsi sulla Trusts (Jersey) Law 1984, ma gli emendamenti emanati nel 2004 l’hanno indirizzata verso il modello fornito dal diritto inglese anche se le influenze iniziali sono facilmente riscontrabili nell’attuale testo. Un esempio è dato dal beneficiario che debba essere individuato all’interno di una categoria. In questo caso l’art. 35 TTA stabilisce alcune regole che sono conformi alla prassi internazionale, quali[202]: una categoria termina quando non è possibile che altri componenti ne facciano parte; una donna di età superiore a 55 anni è considerata non più capace di procreare; qualora i beni in trust generino reddito da distribuire all’interno della categoria ma non esista alcun componente in grado di percepire tale profitto, il trustee deve accumulare il reddito fino a che non sia possibile distribuirlo o la categoria termini.

La posizione del beneficiario è variabile e l’atto che istituisce il trust può contribuire in maniera consistente ad accentuare questa caratteristica. Infatti il beneficiario può essere escluso, tenuto ad adempiere all’obbligazione che sia condizione essenziale per il godimento del vantaggio[203], essere soggetto alla discrezionalità del trustee per quanto concerne il tempo e il modo con cui debba trarre vantaggio ed ad ogni altro potere con riferimento alla distribuzione, utilizzo o anticipazione del fondo in trust[204].

Conformemente a quelle che sono le sue obbligazioni, il trustee, in ogni caso, ha il dovere di considerare in modo appropriato e giusto tutti i soggetti a cui è rivolta la sua discrezionalità.

Allo stesso modo l’atto del trust[205] può prevedere l’aggiunta di ulteriori beneficiari che non possono vantare nessun diritto o azione sul fondo del trust o il trustee fino a quando on vengano nominati[206]. Anche in questo caso la legge fa riferimento alle regole generali dettate in materia di trust prevedendo l’espressa richiesta che il soggetto indicato sia identificabile per nome o sia un componente della categoria formata da soggetti che siano ragionevolmente identificabili individualmente[207].

La natura della posizione del beneficiario è un tema particolarmente delicato. Andando ad analizzare i rapporti che si istaurano con il trust si trovano in contrapposizione il trustee che è proprietario e il beneficiario che ha il diritto patrimoniale sul fondo in trust. Il punto di contatto fra queste due figure è stato individuato dal legislatore nell’obbligazione fiduciaria secondo cui il trustee è tenuto (nell’esercizio dei suoi poteri e doveri di proprietario) a rispettare le posizioni e i diritti patrimoniali di soggetti terzi a cui deve rendere conto in quanto il trustee gestisce un patrimonio proprio destinato a terzi.

Allora l’esistenza di un soggetto che è beneficiario e verso cui il trustee è tenuto ad adempiere i doveri è proprio una delle certezze del trust.


[1] L’espressione è di Maitland ed è riportata da Criscuoli, Introduzione allo studio del diritto inglese, Le fonti, Milano 1981, p. 216.

[2] Franceschelli R.., Il “trust” nel diritto inglese, Padova, 1935, 138; Bancone V., Le origini del trust, in Amministrazione e finanza, 2007, fasc. 6, p, 11 ss.

[3] Gambaro A., Trust, in Digesto – Discipline Privatistiche – Sezione civile, p. 449.

[4] Così Criscuoli, op. cit., il quale subito dopo così aggiunge: “L’evidentissima originalità di tale rapporto giuridico discende dalla circostanza che esso lega due soggetti, ciascuno dei quali è titolare di un distinto e diverso diritto di proprietà, uno in common law e l’altro in equity, e ciascuno dei quali, d’altra parte, è, allo stesso tempo, tenuto, per l’ossequio dovuto ad entrambi i sistemi che integrano l’unità dell’ordinamento, a rispettare in modo diverso il diritto altrui. è, infatti, in common law, il trustee è pieno e legittimo proprietario relativamente al bene trasferitogli e in ordine a tale sistema egli non sarebbe tenuto a fare alcunché in favore del beneficiario. Questi, dal suo canto, relativamente allo stesso bene su cui cade l’altrui diritto di proprietà in common law, è titolare di un corrispondente (ma non eguale) diritto in equity e in ordine a tale sistema può pretendere che il fiduciario rispetti il suo impegno”. Cfr anche Fortunato G., Il trust: comparazione tra la “proprietà civile e la proprietà del trustee”, Milano 2008;

[5] In inglese, Trust significa, appunto “fiducia”.

[6] Per una breve ma chiara esposizione sulle origini e la diffusione del Trust nei Paesi di Common Law, v. Corocher C., Ornella G. e Sforza F., Il Trust, Rimini, 1997, pp. 11 e 12. Più in dettaglio, Franceschelli R., op. cit. ; Cheshire A., Il concetto di Trust secondo la Common Law inglese, Milano, 1993; Andreoli E., Il Trust nella prassi bancaria e finanziaria, Padova, 1998.

[7] Sulle molteplici utilizzazioni del Trust anglosassone, Busato A., La figura del Trust negli ordinamenti di Common Law e di diritto continentale, in Riv. dir. civ., 1992, II, pp. 309 e ss.

[8] Lupoi M., voce Diritti stranieri, in I trust interni, Associazione Il trust in Italia, 2002.

[9] Tre atti legislativi disciplinano particolari materie: Trusts of Land and Appointment of Trustees Act del 1996, Delegation of Trustees Act del 1999 e Trusts Act del 2000 (Sulla prima, v. Lupoi M., Trusts, 2001, p. 176 s.). Di particolare importanza le seguenti leggi: Trustee Act del 1925, Variation of Trusts Act del 1958, Trustee Investment Act del 1961, Perpetuities and Accumulations Act del 1964.

[10] Funzione uniformatrice hanno il Restatement of Trusts (1957) e il Restatement of Restitution (1936); Lupoi M., op. cit., riferisce che è stato approvato un progetto di legge uniforme che i singoli Stati potranno fare proprio.

[11] Il primo, titolare della “legal ownership”; il secondo, titolare della “equitable ownership”.

[12]  Corocher C., Ornella G. e Sforza F., op. cit., p. 13.

[13] Il trustee è titolare del legal estate. Per approfondimenti sul tema v. Megarry R.E., Wade H.W.R., The Law of Real Property, London, 4° ed., 1984, Butterworths, pp. 76-92.

[14] Esistono varie forme al plurale di questa espressione. Attualmente la più accreditata sembra essere cestuis que trust.

[15] Cfr. Hackney J., Under­standing equity and trusts, London, 1987, Fontana Press, p. 231 ss.

[16] Nei trusts di questo genere sorgono frequentemente dei problemi legati soprattutto al conflitto di interessi che può sorgere tra trustee e beneficiari che sono i titolari delle azioni.

[17] Finance Act 1965, sect. 24.

[18] Finance Act 1971, sect. 59.

[19] Finance Act 1972, sect. 120.

[20] Finance Act 1974, sect. 36.

[21] Molto efficacemente Hawkins ha definito i trusts in cui i benefici ari sono in qualche modo legati al disponente come private trusts. V. Hawkins A.J., The Trust-like Device in English Law in Trusts and Trust-like Devices, coll. UK Comparative Law Series, vol. 5, London, 1991, The United Kingdom National Commitee of Comparative Law, p. 2.

[22] I trusts che hanno come obiettivo il raggiungimento di questo genere di finalità sono conse­guentemente definiti public o charitable trusts. Per il funzionamento e le norme che devono essere osservate nella istituzione e nello svolgimento di questi tipo di trust, V. Cherubini D., Del monaco V., I trusts, Roma, 1999.

[23] V. Hawkins A.J., op- cit., pp. 6-7.

[24] La distinzione tra la posizione di un azionista e quella del titolare di units è stata approfon­dita nella decisione australiana Charles v. Federal Commissioners of Taxation, 1954.

[25] V. Alluminium Industries Vaasen v. Romalpa Alluminium Lld. [1976] 1 Ch. 89.

[26] Il business trust è nato nel XIX sec. in risposta all’arretratezza della legislazione societaria statunitense. Una delle applicazioni storicamente più importanti del business trust è quella detta “Massachusetts Trust”, una forma primitiva di società holding in un periodo in cui una società, negli Stati Uniti, non poteva detenere partecipazioni in altre società. La normativa che oggi va sotto il nome di antitrust tendeva a reprimere le accumulazioni di potere industriale e finanziario realizzate tramite questo genere di trusts.

[27] Questa è una configurazione tipicamente anglosassone. Quella americana è diversa. V Alpa G., Aspetti della multiproprietà nell’esperienza nord-americana recente, in Riv. dir. civ., 1983, I, 69 .

[28] Lepaulle P., Traité théorique et pratique des trusts, Paris, 1932, GNP, p. 12.

[29] Il D.Lgs. 21 aprile 1993, n. 124, ha costituito un tentativo di inserimento dei fondi pensione in Italia che, a tutt’oggi, può considerarsi un fallimento soprattutto a causa della mancata previsione di un’adeguata normativa fiscale. Sull’argomento v., in generale, Ponzanelli G., Forma giuridica e controlli in tema di fondi pensioni: la soluzione americana e il diritto italiano in Gli enti “non-pro­fit” in Italia, Padova, 1994. La riforma del sistema previdenziale attualmente in corso in Ita­lia, però, lascia presupporre un brillante futuro dei fondi pensione.

[30] I minori sono quindi esclusi tranne nei casi di resulting, constructive ed implied trusts.

[31] Per il deed, v. Cherubini D., Del monaco V., I trusts, Roma, 1999.

[32] Trustee Act 1925 sect. 41.

[33] Cfr. Riddal J.G., The Law of Trusts, London, Butterwoths, 1992, p. 245

[34] V. Cherubini D., Del monaco V., I trusts, Roma, 1999, i casi in cui è possibile la nomina di un nuovo trustee da parte di quelli già presen­ti ai sensi della sect. 36 del Trustee Act 1925.

[35] Cfr. Riddal J.G., op. cit., pp. 246-247.

[36] In particolare: gli altri trustees devono dare il loro consenso nella forma del deed e, inoltre, è necessario che, dopo che il trustee si sia ritirato, rimangano almeno due soggetti o una società a svolgere i compiti di trustee.

[37] L’espressione inglese adottata per descrivere questo genere di comportamento del trustee è “refuses to act”.

[38] Trustee Act, sect. 36(1).

[39] È ritenuta sufficiente, al limite, anche una dichiarazione verbale. Tuttavia sarebbe più op­portuno, ai fini di evitare situazioni di incertezza, che la dichiarazione venisse rilasciata per iscritto o, meglio, nella forma del deed.

[40] Il termine anglosassone per descrivere tale soggetto è “!isclaimer”.

[41] Il fatto che il trustee non abbia accettato l’incarico conferitogli, in assenza di una espressa dichiarazione, può essere desunto anche per fatti concludenti: alla dichiarazione espressa è equipara­to il comportamento del trustee che per un protratto periodo di tempo non prenda parte all’attività di amministrazione del trust. V. Re Birchall (1889) 40 ChD 436, CA.

[42] È importante sottolineare che ci si trova in un’ipotesi differente da quella precedente nella quale il trustee aveva già assunto l’incarico e, successivamente, chiedeva, di esserne esonerato. Nel caso in questione, è come se il soggetto non avesse mai assunto la qualifica di trustee. Cfr. J.G. Riddal, op. cit., p. 239.

[43] Trustee Act 1925, sect. 36(1).

[44] V. Re East (1873) 8 Ch App 735 con la quale i disturbi psichici sono stati considerati deter­minanti della incapacità di agire così come intesa dalla sect. 36 (I).

[45] Trustee Act 1925, sect. 36(6)

[46] Anche questa disposizione è contenuta nella section 36 del Trustee Act del 1925, il quale contiene, inoltre, disposizioni attinenti alla nomina di trustees addizionali rispetto a quelli già presenti, da parte dei soggetti ai quali tale prerogativa è stata attribuita dal disponente o, nel caso in cui nessuno di questi sia capace di intendere e di volere, da parte dei trustees.

[47] È interessante notare che è possibile che tale soggetto sia uno dei benefici ari del trust.

[48] V. Lupoi M., op. cit., p. 55.

[49] Trustee ACT, 1925, sect. 30 (1)

[50] Ora codificati nel Civil Liability (Contribution Act), 1978.

[51] V. Lupoi M., op. cit., p. 58.

[52] Esiste, però, un’eccezione a tale principio attribuibile sostanzialmente al fatto che si è in pre­senza di obbligazioni equitative: gli obblighi del trustee non si trasmettono al terzo che abbia acqui­sito a titolo oneroso la proprietà di un bene. ignorando in buona fede l’esistenza del trust. Si tratta della regola nota in diritto inglese come “bonafide purchaser without notice”.

[53] V. Hawkins A.J., The Trust-like Device in English Law in Trusts and Trust-like Devices, coll. UK Comparative Law Series, vol. 5, London, 1991, The United Kingdom National Commitee of Comparative Law, p. 185.

[54] In Re Brogden, [1888] 45 Ch. D 1, i trustees furono condannati a risarcire il trust per il man­cato incasso di un credito che questi avrebbero dovuto esigere. I trustees avevano preso questa deci­sione in seguito alla considerazione che l’esigere il credito avrebbe provocato l’insorgere di tensioni di carattere familiare. li giudice decise comunque per una loro condanna di carattere risarcitorio, consi­derando tale comportamento non conforme a quello che i trustees erano tenuti ad osservare.

[55] Ad esempio, in Buttle v. Senders [1950] 2 All ER, i trustees furono considerati colpevoli di non avere accettato, nel corso di un’operazione di vendita di beni immobili del trust, l’offerta di un prezzo più elevato ai fini di onorare un accordo verbale precedente. Ai sensi della legge inglese, l’accordo verbale non è vincolante per questo genere di transazioni per cui i trustees, che dichiararo­no di aver agito in osservanza di un obbligo morale, furono condannati dal giudice a restituire al trust la differenza tra il prezzo effettivo di vendita e quello che essi sarebbero riusciti a spuntare ac­cettando l’offerta più alta.

[56] Lo standard del “prudent businessman looking after the interests of others” è stato stabilito nella sentenza Speight v. Gaunt [1883] 22 ChD. 727, 9 App. Caso I: un trustee aveva consegnato parte del denaro del trust ad un operatore di borsa per l’acquisto di azioni. Quest’ultimo rubò il de­naro ma il trustee non fu ritenuto responsabile della perdita subita dal trust poiché aveva preso tutte le precauzioni che avrebbe preso un prudente uomo d’affari nelle stesse circostanze.

[57] V. Bartlett V. Barciay’s Bank Trust Co. Ltd. [1980] Ch 515.

[58] Trustee Investments Act 1961.

[59] V. Learoyd v. Whitley [1887] 45 Ch. D l, che contiene un importante precedente sul tema della neutralità del trustee: “ è compito del trustee investire denaro a vantaggio di persone che ne trarranno beneficio in un tempo futuro, non soltanto di coloro che percepiscono un reddito al pre­sente. li suo dovere non è quello di tenere la diligenza che un uomo impiegherebbe per investire per se stesso, ma quella che un uomo prudente impiegherebbe se decidesse di compiere un investimento a favore di persone rispetto alle quali si sente moralmente obbligato a provvedere”. Ed ancora V. Nestlè v. National Westminster Bank Plc [1993] I WLR 1260.

[60] Si tratta del caso Turner v. Turner [1983] 3 All ER 193 nel quale furono condannati dei tru­stees che agivano in base ad ordini impartiti dai disponenti senza essersi minimamente interessati di quale fosse l’oggetto del trust, non esercitando, quindi, alcun potere discrezionale.

[61] Nei trusts discrezionali i benefici ari non hanno il diritto di richiedere ai trustees la docu­mentazione relativa ad operazioni per le quali essi hanno esercitato la loro discrezionalità.

[62] Cfr. Gardner S., op. cit., p. 176.

[63] Nel caso in cui si sia in presenza di più co-trustees, sarà ritenuto responsabile in solido an­che il trustee a conoscenza (o che avrebbe potuto esserne a conoscenza se avesse rispettato l’obbligo di vigilanza sugli altri trustees) della situazione di conflitto di interessi.

[64] Il principio alla base della regola per la quale i trustees sono tenuti, in ogni caso, a posporre i loro interessi personali a quello del trust e, quindi, in definitiva, a quello dei beneficiari, è lo stesso alla base della regola in tema di amministratori di società (corporate opportunity), del quale, però, la prima rappresenta un’applicazione più rigida, non dovendosi dimostrare neanche la potenzialità del danno.

[65] V. Lupoi M., op. cit., p. 59.

[66] La maggior parte di queste norme è contenuta nel Trustee Act 1925.

[67] In generale, v. Beraudo J.P., Trusts, § 210-217.

[68] Cfr. Gardner S., Introduction, cit., pp. 214-218.

[69] Ganado B., A Brief Review of the Revised Laws on Trusts in Malta Breve analisi della nuova legislazione del Trust a Malta in Trusts e attività fiduciarie, 2005, fasc. 3, pagg. 391-399;

[70] V. Lupoi M., op. cit., p. 76.

[71] Cfr. contra Gardner S., op. cit., p. 204. L’Autore ritiene che, essendo i diritti dei beneficiari correlativi alle obbligazioni dei trustees, le considerazioni sulla natura giuridica degli ultimi possano essere efficacemente estese ai primi. In altre parole, nei trusts nei quali siano presenti dei beneficia­ri, questi sarebbero titolari di un diritto equitativo.

[72] Webb V. Webb [1994] 3 WLR 801.

[73] Schallit v. Nadler Ltd. [1933] 2 K. G. 79.

[74] Tale diritto è sancito nella sentenza Re Tillot [1892] l Ch. 86.

[75] Trustee Act 1925 sect. 22 (4).

[76] Trustee Act 1925, sect. 61.

[77] V. Ministry of Health v. Simpson [1951] A. C. 251.

[78] V. Re Beloved Wilkes Charities [1851] 3 Mac & G. 440. Nei trusts discrezionali, come ve­dremo nel capitolo successivo, i beneficiari non sono titolari di alcuna posizione soggettiva nei dei trustees.

[79] Si tratta delle disposizioni contenute nella sect. 36 del Trustee Act 1925.

[80] V. Sanders v. Vautier [1841] 4 Beav. 115.

[81] Variation of Trusts Act 1958, sect. 1 (1).

[82] R.S.C. Order 85.

[83] V. Scott A.W., Trusts, Bosto n ; Toronto, 1984., pp. 76-80.

[84] V. Jacobs T., Trusts, Sidney : Butterworths, 1986., p. 98.

[85] V. Longstreth B., Modern Investment Management and the Prudent Man Rule, London, 1986, Butterworths, pp. 76 – 91.

[86] Per approfondimenti del concetto di power nell”ordinamento inglese, v. Martin J.E., Hanbury H.G.. Modern Equity, XIV ed., London, 1993, Sweet & Maxwell, pp. 61-70,169-184.

[87] Non c’è il rischio, in questa ipotesi, di uno stallo nei rapporti tra protector e trustee proprio in considerazione del fatto che a quest’ultimo è normalmente attribuito il potere di procedere alla so­stituzione dei trustees.

[88] Su tali facoltà del disponente, v. Standley K. e J., op. cit., pp. 75 – 76. Tra queste vanno ricordate quella di nominare trustees aggiunti vi, la revoca dei trustees, la modifi­cazione della lista dei beneficiari nei trusts discrezionali, la revoca dei trustees dal loro ufficio, la determinazione che la legge regolatrice del trust sia variata, la vigilanza sulla gestione del trust, e così via.

[89] La legge dello stato del Belize è, in questo aspetto, all’avanguardia: la figura del protector è specificatamente disciplinata ed è previsto che il protector abbia naturalmente il potere di sostituire un trustee oltre a tutti gli altri poteri che gli possono essere attribuiti tramite l’atto istitutivo. Tale di­sciplina, inoltre, colloca il protector in un ruolo assai preciso che è quello di fiduciario dei benefici a­ri. Un ultimo aspetto rilevante di questa disciplina è che il protector può essere anche lo stesso di­sponente, un trustee o un beneficiario. È inevitabile che quando protector sia lo stesso trustee emer­gano delle difficoltà concettuali. Belize: Trust Act 1992, sect. 16.

[90] La distinzione tra trusts discrezionali e fixed sarà esaminata nel capitolo successivo.

[91] Si è parlato, a proposito della letter of wishes, del potenziale pericolo di nullità del trust che essa potrebbe generare. Sappiamo che il trust è caratterizzato dal trasferimento di beni o diritti a fa­vore del trustee. Più diritti sull’oggetto del trasferimento sono detenuti da parte del disponente, meno può affermarsi di trovarsi dinanzi ad un trust che, per questo potrebbe essere dichiarato nullo. V. Lupoi M., op. cit.., p. 122.

[92] È questo un aspetto che si riallaccia a] problema della emergente contrattualità di cui discu­tevamo in precedenza nel corso del presente capitolo. Basti pensare al fenomeno delle trust compa­nies che, in realtà, sono tenute ad osservare i desideri dei loro clienti, rischiando, altrimenti di perde­re in competitività sul loro mercato.

[93] Commerciai Partnerships Ordinance, 1962, (Cap. 168) e Companies Act, 1995, (Cap. 386). Il medesimo fenomeno è accaduto nel diritto marittimo, cfr. Merchant Shipping Act, 1973, (Cap. 234). Nel primo dopo guerra il governo maltese operò la revisione delle sue leggi che, successivamente, ven­nero ordinate in capitoli progressivi secondo la data di promulgazione: le leggi maggiormente importan­ti corrispondono ai primi capitoli, per esempio il codice civile è il Cap. 16; ogni emendamento alla leg­ge non comporta l’assunzione di nuovo capitolo, per esempio la legge sui trust, come emendata nel 2004, è il Cap. 331 che è il numero originariamente assegnato alla prima normativa promulgata nel 1988. L’archivio di tutte le leggi maltesi con il testo in lingua inglese è consultabile sul sito Internet del governo maltese all’indirizzo http://www.gov.mt.

[94] Berti Riboli E., La legge di Malta sui trust: l’introduzione del trust nel diritto civile maltese , Milano 2007;

[95] Offshore Trusts Act, 1988, Act XXXV.

[96] Testo della Trusts (Jersey) Law 1984, può leggersi in Rivista trusts e attività fiduciarie, 2001, 125; in R.Dabormida-P..Dibari-A.Fusi-E.Incisa di Camerana-G.La Torre- D.Mazzone-F.Steidl, Leggi Tradotte, Trusts, Quaderni, n. 1, Milano, 2001, 63 ove è riportato il testo completo di traduzione a cura del notaio Francesco Steidl. I recenti emendamenti entrati in vigore nel mese di ottobre dell’anno 2006 sono riportati, unitamente alla traduzione a cura di F. Pighi, in Quaderni dell’associa­zione “Il trust in Italia”, Volume 1, anno 2007. Il testo è consultabile sul sito Internet dell’associazione “Il trust in Italia” all’indirizzo http://www.il-trust-in-italia.it; e in M. Lupoi, Trust Laws of the World- A Collection of Original Texts, vol. I, Roma, 2000, 986.

[97] Convenzione de l’Aja sulla legge applicabile ai trust ed al loro riconoscimento dello luglio 1985.

[98] La legge prevedeva che l’istituzione avvenisse tramite negozio giuridico, anche nella forma testamentaria, o attraverso una dichiarazione scritta unilaterale. Non era considerata la fattispecie di trust verbale.

[99] Art. 18(2) Offshore Trusts Act 1988.

[100] Ganado B., A Brief Review of the Revised Laws on Trusts in Malta Breve analisi della nuova legislazione del Trust a Malta in Trusts e attività fiduciarie, 2005, fasc. 3, pagg. 391-399.

[101] Art. 24(2) Trust Act 1994.

[102] Art. 21(4) Trust Act 1994

[103] La scelta del Governo è stata ratificare parzialmente la Convenzione dell’Aja e precisamente nei suoi articoli da 1 a 12, 14, 15, 16, (primo comma), 17, 18 e 22 (primo comma).

[104] Oltre al codice civile sono state emendate, tra le altre, le seguenti leggi: Income Tax Act, Extemal Transactions Act, 1972, (Cap. 233), Merchant Shipping Act, Immovable Property (Acquisition by Non-Residents) Act, 1974, (Cap. 246), Land Registration Act, 1987, (Cap. 296), Malta Financial Services Authority Act, Duty on Documents and Transfers Act, 1993, (Cap. 364), Investment Services Act, Banking Act, 1994, (Cap. 371), Income Tax Management Act, 1994, (Cap. 372), Financial Institutions Act, 1994, (Cap. 376), Companies Act, Arbitration Act, 1996, (Cap. 387), Insurance Business Act, 1998, (Cap. 403), Prevention of Money Laundering Act, 1994, (Cap. 373), Notarial Profession and Notarial Archives Act, 1927, (Cap. 55).

[105] Art. 91 dell’Act XIII del 2004 documento legislativo con cui viene promulgato il nuovo testo normativo e gli emendamenti alle ulteriori leggi interessate dall’opera di revisione.

[106] Berti Riboli E., Ganado M., La legge di Malta sui trust, in Trusts e attività fiduciarie, 2007, fasc. 7, p. 3.

[107] Berti Riboli E., Ganado M., La legge di Malta sui trust, in Trusts e attività fiduciarie, 2007, fasc. 7, p. 3.

[108] First Hall, Civil Court, decisa il 31 ottobre 2003.

[109] Immovable Property (Acquisition by Non-Residents) Act.

[110] La Convenzione dell’Aja ha classificato questa categoria di trusts come volontari, pur essendo questa completamente sconosciuta al diritto inglese.

[111] Cfr. Pearce- Stevens c., The law of trusts and equitable obligations, London-Dublin-Edinburgh, 1995, p. 564; Keeton- Sheridan a., The law of trusts , Chichester, 1983, p. 2. Tuttavia, dal punto di vista formale il trust viene nella specie considerato come incompletely constituted ( i.e.: in fieri) anche se, a dire il vero, il preteso settlor continua ad essere il proprietario assoluto del bene oggetto dell’atto dispositivo. Indicativa è al riguardo l’osservazione espressa da Hanbury- Martin, Modern equity , London, 1997, p. 66, secondo cui il termine incompletely constituted trusts è irrazionale: “it is dealing, not with two different types of trust, but with a rule for distinguishing what is a trust from something that is void”. Il trapasso al trustee non implica alcuna “entificazione” della massa patrimoniale oggetto del rapporto, essendo il rispetto del vincolo fiduciario affidato alla correttezza del trustee stesso, il quale ha il dovere di evitare la confusione del patrimonio gestito col proprio. Ove ciò non accada, si verificherà un breach of trust che legittimerà le azioni di tracing da parte dei beneficiari .

[112] Milroy v. Lord (1862) 4 De G.F. & J. 264, spec. p. 274: “ in order to render a voluntary settlement valid and effectual, the settlor must have done everything which, according to the nature of the property comprised in the settlement, was necessary to be done in order to transfer the property and render the settlement binding upon him “; nello stesso senso v. anche Timpsons’s Executors v. Yerbury (1936) 1 K.B. 645, spec. p. 664. Cfr. Hayton- Marshall A., Commentary and cases on the law of trusts and equitable remedies, London, 1996, p. 227.

[113] Il fatto che la materia del trust sia esclusa dalla Convenzione di Roma sul diritto applicabile alle obbligazioni contrattuali (art. 1.2.h.), fornisce una chiara dimostrazione di questo fatto.

[114] È utile, a questo punto, richiamare la nozione di negozio giuridico fornita dalla dottrina tra­dizionale: “dichiarazione di volontà con la quale vengono enunciati gli effetti perseguiti ed alla qua­le l’ordinamento giuridico, se la finalità dell’atto è meritevole di tutela e se esso risponde ai requisiti fissati dalle singole figure, ricollega effetti giuridici conformi al risultato voluto”. Nel nostro caso ci troviamo di fronte ad un negozio giuridico unilaterale, nel quale, cioè, è solo un soggetto ad espri­mere la propria volontà. È proprio questo elemento di unilateralità a fare in modo che l’atto istituti­vo del trust non si qualifichi come contratto, dato che quest’ultimo è un negozio giuridico a contenu­to patrimoniale che, però, prevede l’esistenza di almeno due parti e di un accordo intercorrente tra di esse oltre ad altri requisiti essenziali per la sua esistenza che sono elencati nell’art. 1325 c.c. Per ap­profondimenti sui concetti di negozio giuridico e di contratto, v. A. Torrente e P. Schlesinger A., Ma­nuale di Diritto Privato, XV ed., Milano, 2006.

[115] Semmai l’accettazione del trustee precede o condiziona il venire in essere del trust.

[116] Su tale fenomeno v. soprattutto  Beraudo P., Les Trusts anglo-saxons et le droit français, L.G.DJ., Paris, 1992, p. 134 ss.

[117] La proliferazione delle trust companies è andata di pari passo con la diffusione dell’istituto del trust in ordinamenti che precedentemente non lo conoscevano e che lo hanno ora disciplinato in modi più agevoli allo scopo di attrarre clientela straniera.

[118] Possono riscontrarsi sempre più frequentemente, infatti, casi in cui il di­sponente adotti lo schema contrattuale per regolare i suoi rapporti con il protector. La letter of wis­hes tende a configurarsi sempre più quale accordo contrattuale tra disponente e trustees che, specie nei casi in cui questi ultimi siano remunerati per lo svolgimento delle loro funzioni, tendono ad ese­guire le disposizioni in essa contenute.

[119] Rochefoucauld v. Boustead (1897) 1 Ch. 196, spec. p. 206, ove si parla di trust espressamente istituito: £notwithstanding the statute, it is competent for a person claiming land conveyed to another to prove by parol evidence that it was so conveyed upon trust for the claimant, and that the grantee, knowing the facts, is denying the trust and reluying upon the form of conveyance and the statute in order to keep the land himself […]. The trust which the plaintiff has established is clearly an express trust”.

[120] Sennonché i beneficiari (non volunteers), pur di fronte ad un incompletely constituted trust, potranno lo stesso agire per l’adempimento dell’obbligazione di dare a patto che esista un contratto, connotato da unavaluable consideration ed – in quanto tale – riconosciuto sia dalla common law sia dall’ equity, vincolante il dante causa nei riguardi dei contraenti-beneficiari a trasferire i beni al trustee. Diversamente, se Tizio trasferisce a titolo oneroso dei beni a Caio il quale, a sua volta, si dichiara trustee a favore di Mevio, quest’ultimo (sebbene volunteer) potrà imporre al trustee di agire per l’adempimento e, in caso di rifiuto, avvalersi della tutela riconosciutagli dall’equity aggredendo Tizio e Caio al fine di ottenere l’esecuzione dell’obbligazione negoziale ovvero il risarcimento dei danni: cfr.Vandepitte v. Preferred Accident Insurance Corporation of New York (1933) A.C. 70, spec. p. 79. V. anche Les Affréteurs Réunis S.A. v. Leopold Walford (London) Ltd. (1919) A.C. 801 (nella specie il contraddittorio non venne esteso al trustee, ma il convenuto non sollevò sul punto eccezioni); nonché Lloyd’s v. Harper (1880) 16 Ch. D. 290. Ovviamente l’attore dovrà provare che l’avente causa ha negoziato come trustee a favore del terzo beneficiario. Invece, “ if A voluntarily convenants (i.e. promises in a deed under seal) with B to pay money or transfer property to B for the benefit of C then C cannot have any rights unless he can show that A intended B to hold property on trust for C and that this property is vested in B on trust for C”: Underhill- Hayton F.,  Law relating to trusts and trustees  , London, 1987, p. 126. Occorre a questo punto precisare che non possono essere oggetto di trust beni che non appartengono al disponente poiché “spes cannot be the subject of a trust or of an assignment “ ( Underhill- Hayton F., op. cit., p. 126). Infatti “as it is impossible for anyone to own something that does not exist, it is impossible for anyone to make a present gift of such a thing to another person, however sure he may be that it will come into existence and will then be his to give”: Norman v. Federal Comr. of Taxation (1963) 109 C.L.R. 9. Tuttavia, qualora il settlor dichiarasse di costituire in trust a titolo oneroso beni altrui se e quando saranno da lui acquisiti, i beneficiari potranno agire in equity per l’attuazione del contratto nonché avvalersi della tutela di common law per il risarcimento dei danni conseguenti all’eventuale breach of contract.

[121] Milroy v. Lord (1862), cit.; v. anche Richards v. Delbridge (1874) L.R. 18 Eq. 11. Costituisce un’eccezione il precedente Re Rose v. I.R.C. (1952) Ch. 499 (per un’applicazione di questa regula in tema d’immobili immatricolati v. Mascall v. Mascall [1984] 50 P. & C.R. 119) a mente del quale, una volta provato che il disponente ha fatto tutto quanto era nel proprio potere al fine di rendere effettivo ed opponibile erga omnes il trasferimento del diritto di proprietà essendo la formalizzazione del trapasso legata all’intervento di terzi (nel caso di specie la registrazione del trasferimento di titoli azionari era riservata alla competenza discrezionale degli amministratori della società emittente), il primo verrà considerato constructive trustee finché il terzo non avrà completato le formalità necessarie per la piena attribuzione del legal title sulla trust property a favore del fiduciario. Peraltro è riconosciuta al beneficiario la facoltà d’isolare in trust il proprio interesse equitativo, mediante atto di disposizione che richiede la forma scritta ad essentiam ( Law of Property Act 1925, s. 53, 1, c). Nella specie non è necessario che il (nuovo) trustee venga investito del titolo di proprietà sul bene, che rimane in capo all’originario trustee. In caso d’istituzione di un semplice bare trust il sub-trustee fuoriesce dalla scena, cosicché l’originario trustee assume gli obblighi derivanti dal trust direttamente a favore dell’ultimo beneficiario. Nondimeno, nel caso in cui al nuovo trustee siano imposte obbligazioni attive (ad esempio, quella “classica” di corrispondere al nuovo beneficiario le rendite dellatrust property) si crea un sub-trust che impedisce che il primo disappears from the picture: cfr. Grey v. I.R.C. (1960) A.C. 1.

[122] Lupoi M.,  op.  cit., pp. 47-64.

[123] Affinchè un trust possa essere riconosciuto come  charitable, è necessario che tutte le condizioni che lo regolano attengano al perseguimento dei fini rientranti nella nozione di charity

[124] si specifica che tali regole speciali sono previste per disciplinare la particolare attività dei charitable trustees, i loro poteri è obblighi sono molto simili a quelli dei private trustees

[125] Charities Act, 1960

[126] anche i poteri e le funzioni dei Charity commissioners sono oggetto di disciplina da parte dei Charities Act, 1960. la Giurisprudenza inglese ha registrato dei malcontenti a proposito della diligenza di questi funzionari nell’assolvere le loro funzioni che, tra l’altro, sono di notevole interesse pubblico viste le ingenti somme usualmente amministrate dai trustees

[127] Trattasi di un’espressione derivata dal francese antico che significa “vicino a”

[128] sul cy-près scheme v.  Gardner S., Introduction, in An Introduction to the Law of trust, Oxford, Clarendon Press, 1990 pag.98

[129] Oppenheim v. Tabacco Secutities Trusts Co. Ltd (1981) 1 All ER 942

[130] L’unico tentativo che si registra è da attribuire ad Elisabetta I che forni una definizione legislativa di scopo charitable. 43 Eliz c.4 (1601)detto anche Charitable Uses Act

[131] la sentenza è Commissioners of  Special Incom Tax v. Pemsel (1891) A.C. 531, 581

[132] le c.d. “heads of charity”

[133] le espressioni in inglese indicanti queste categorie sono: a) trusts for the relief of poverty; b) trusts for the advancement of education; c) trusts for the advancement of religion; d) trusts for other purposes beneficial to the community.

[134] Williams’ Trustees v. IRC (1947) A.C. 447, 455

[135] Un esempio lo troviamo in Recreational Charities Act 1958

[136] McGovern v. AG (1982) 1 WLR 1304

[137] La cui regolamentazione è contenuta nel titolo XVIII del libro secondo del codice civile ed in particolare gli artt. 1856-1890.

[138] La cui regolamentazione è contenuta nel titolo XIX del libro secondo del codice civile ed in particolare gli artt. 1891-1924.

[139] Cfr. Historic Buildings and Ancient Monument Act 1953, sect. 8.

[140] Cfr. Law of Property Act 1925, sect. 34-36.

[141] Cfr. Administration of Estates Act 1925, sect. 33.

[142] Cfr. gli emendamenti introdotti dal Trusts of Land and Appointment of Trustees Act 1996.

[143] Berti Riboli E., Ganado M., La legge di Malta sui trust, in Trusts e attività fiduciarie, 2007, fasc. 7, p. 92.

[144] Il legittimario ha, altresì, diritto di percepire a titolo di interessi una somma pari al tasso stabi­lito dal sistema bancario sui conti correnti il quale viene calcolato dalla data di notificazione dell’azione al trustee o dalla data di ricevimento della relativa istanza processuale quale sia l’ultima di esse. V. art. 958B(8) cod. civ.

[145] Sul Protector, v. capitolo II, par. 5

[146] La regola trova il suo fondamento nella sentenza McPhail v. Doulton (1970) 2 All ER 228, (1971) AC 424; successivo grado, dopo essere stata rinviata dalla High Court: (1973) Ch 9.

[147] V. Bird W, Trust, London, 1983, Sweet & Maxwell,p 295

[148] V. Gardner S.,  op.cit., p. 8

[149] V. David , Trusts, London, 1956, Sweet & Maxwell, pp 79-84

[150] a partire dagli anni ottanta, successivi cambiamenti del regime di imposizione fiscale, hanno comportato una sorta di ritorno di questo genere di finalità dei discretionary trust. Sull’argomento v. Moffat G. J. e Chesterman M.R., Trusts Law: Text and Materials, London, 1988, Butterworths, p. 130 ss.

[151] È bene specificare che un’appropriata considerazione deve essere svolta dal trustee prima di decidere se esercitare  o meno il suo potere discrezionale

[152] V. Duke of Portland v. Lady Topham (1864) 11 H.L.C. 32

[153] V.Gardner. S,  op.cit. p. 147

[154] Re Manisty’s Settlement (1947) Ch, 17, 26, nel corso del quale fu emanata la sentenza il cui punto saliente è stato riportato sopra. Il caso riguardava l’opportunità del comportamento del trustee che aveva adottato la statura dei potenziali beneficiari quale criterio determinante della scelta di quali tra essi doveva essere titolare dei benefici del trust

[155] V. Fumagalli L., Il Trust, Padova, 1994, pp. 118-132

[156] V. Lewin T., Trusts, London, 1989, p. 234 ss

[157] Si accetta qui l’esistenza della distinzione tra automatic e presumed resulting trust, facendo ricadere quelli in esame nei primi che, ricordiamo, non ammettono prova contraria

[158] l’enunciazione completa di tale regola è contenuta nella sentenza del giudice Megarry in Re Vandervell’s Trusts (No. 2). White v. Vandervell (1974) Ch. 269

[159] Trade marks and trade names, trusts  London : LexisNexis, Butterworths, 2007.

[160] potrebbe parlarsi in questo caso di presumed resulting trust

[161] La regola ha origine con Dyer v. Dyer (1788) 2 Cox Eq Cas 92

[162] V Petit. P. H., Equità and the Law of Trusts, VI ed., London, Sweet & Maxwell, 1989, p. 122

[163] in particolare nel caso in cui il padre abbia acquistato con i propri mezzi un bene, ma lo abbia intestato ai figli o alla moglie, si presume, senza che sia possibile provare il contrario, che questi ultimi siano divenuti pienamente titolari. Quando i soggetti della fattispecie siano quelli di cui sopra, non può esserci la presunzione di resulting trust

[164] V. Hawe v.Curtis (1885) 52 LT 244 e anche Mercier v. Mercier (1903) 2 Ch 98

[165] anche quest’ultima è una regola emersa in Bennet v. Bennet (1879)

[166]  in Tinker v. Tinker (1970) 1 All ER 540, la presumption of advancement condusse a negare al marito  I diritti sulla casa coniugale  che egli aveva posto in nome della moglie onde evitare che, essendo gli un commerciante vi fosse il rischio di esecuzioni da parte dei creditori.

[167] Emblematico appare il caso Brooks v. Brooks (1993) 3 WLR 548, in cui il padre aveva acquistato il biglietto della lotteria nazionale e lo aveva registrato a nome della figlia dodicenne. Fu il biglietto vincente ed il padre non potè superare la presumption of advancement e l’importa della vincita fu interamente attribuito alla bambina.

[168] Anche i resulting trust che originano da questo genere di fattispecie ricadrebbero nella categoria dei presumed resulting trust

[169] Tinsley v. Millingan (1993) 3WLR 126 (grado precedente in (1992) 2 WLR 508).

[170] V..Standley, K. e J Il diritto inglese dei trusts,con prefazione del Prof. D. Corapi, Roma, L.U.I.S.S., 1993, p. 89

[171] Barcley,s Bank ltd. v. Quistclose Investments ltd (1970) AC 567, (1968) 3 All ER 651; il caso riguardava la società Rolls Razor che aveva uno scoperto con la Barclay’s Bank ed era in difficoltà finanziarie: l’azionista di controllo desiderava comunque distribuire agli azionisti il dividendo deliberato dall’assemblea. Una società da lui controllata da in mutuo alla Rolls Razor la somma necessaria alla distribuzione dei dividendi, convenendo che sia utilizzata solo per quest’ultimo scopo. La Rolls Razor informa la Barcley,s Bank dell’operazione e versa l’assegno emesso dalla società mutuante dando istruzioni di aprire un apposito conto dividendi e precisando quale sarà la destinazione della somma. Qualche giorno dopo la Rolls Razor delibera la cessazione dell’attività e lo scioglimento, la Banca compensa il saldo attivo del conto dividendi (non era stato pagato ancora alcun dividendo) con lo scoperto del conto corrente. Agisce il mutuante contro la Rolls Razor e contro la banca rivendicando la somma

[172] Tornando al caso analizzato nella nota precedente, si rileva che la banca era a conoscenza della struttura e delle ragioni dell’operazione, e che quindi la somma era oggetto di un trust; la banca è quindi vincolata da esso in base agli ordinari criteri di che scientemente riceve un bene soggetto e non avrebbe dovuto compensare il conto dividendi con i. conti scoperti. Ne consegue che divenuto impossibile lo scopo del trust, anche la banca è vincolata dal resulting trust in favore del mutuante al quale deve restituire la somma

[173] la giurisprudenza inglese è orientata nel ritenere che la moglie abbia acquisito a pieno titolo. In Canada altre tendenze V. Waters, D. W. M. Law of Trust in Canada, Toronto, 1980, Oceanea Pubblications

[174] L’art. 16 TTA, ante emendamenti del 2004, era titolato “Pailure or lapse of interest”. Tuttavia, il legislatore percepiva il concetto di “failure” quale forma di nullità ed aveva deciso di disciplinare tale fattispecie in un articolo separato; conseguentemente, il concetto di invalidità, come stabilito nell’art. 11 TTA, viene ampliato fino a comprendere il concetto di “failure”. Un trust è considerato nullo in tre si­tuazioni: – la prima, corrisponde alla punibilità di fattispecie che implicano o incoraggiano qualsiasi azione che sia considerata quale crimine secondo la normativa maltese; – la seconda, qualora il reddito o il fondo in trust derivi da una operazione che sia considerata qua­le crimine secondo la normativa maltese; – la terza, qualora l’autorità giudiziaria dichiari che la finalità del trust o le sue clausole sono im­possibili, illegali, immorali o contrarie all’ordine pubblico o il trust sia in altro modo colpito da errore, frode o violenza o da ogni altra causa che renda nulli gli atti legali secondo la normativa maltese. Le prime due cause di nullità enucleano la funzione dello Stato a protezione degli interessi pub­blici contro le azioni criminose. La terza fattispecie è, invece, collegata alla tutela delle contrattazioni e della libertà di ogni individuo di formare liberamente la sua volontà. I concetti richiamati sono, infatti, presenti nel codice civile maltese ed in particolare: – art. 974 che dichiara invalido il consenso espresso per errore, estorto con violenza, procurato tramite frode; – art. 985 in forza del quale il contratto non può avere ad oggetto fatti specie impossibili, proibite dalla legge, contrarie alla moralità o all’ordine pubblico. La nullità può essere totale o parziale. L’autorità giudizi aria ha il potere di stabilire che le finalità o le clausole del trust, che possono essere separate da quelle colpite da invalidità, rimangano valide ed efficaci: anche in quest’area il principio di conserVazione del contratto è sovrano. I beni rispetto ai quali un trust viene considerato nullo in tutto o in parte sono oggetto di resulting trust salvo che sia disposta una diversa utilizzazione.

[175] Se il trust ha uno scopo charitable che è stato esaurito o non è più perseguibile l’autorità giudi­ziaria ha il potere di indagare le originali intenzioni del disponente al fine di utilizzare il fondo per un ulteriore scopo charitable che sia affine con le originali intenzioni del disponente; qualora non sia pos­sibile alcuna forma di interpretazione ogni relativa decisione nel merito viene rimessa alla discrezione del giudice. Art. 16(2) TTA.

[176] Andersen R., Fundamentals of trusts and estates, New York : LexisNexis, 2007.

[177] tra gli altri v. Elia G. Explaining Constructive Trusts, Oxford, 1989, p. 289 ss., Waters D. W., Constructive Trust, London, 1964, pp. 9-12, 23-26,ma anche il contributo italiano di Paciocco D. M., The Rimedia Constructive Trus: A Principle Basis for Priorities over Creditors, in 68 CBR (1989), p. 315

[178] Underhill, Trusts, cit. capitoli 5-7. Cfr Oakley A. J., Constructive Trusts, II ed. London, 1987, pp 39-43

[179] Il tracing è un rimedio processuale reipersecutorio che l’equity ha preso dalla common law ampliandolo e modificandolo in base ai propri principi: in particolare estendendone l’oggetto a qualunque bene nel quale il bene perseguito sia stato trasformato. All’interno del trust il tracing opera anche quando il trustee ha mescolato beni del trust con beni propri e occorra quindi tornare alla situazione di separazione. La particolarità del tracing deriva dalla natura equitativa dell’interesse protetto. Il bene reclamato appartiene in equity all’attore, il quale, non è quindi un creditore come gli altri, egli richiede ciò che in equity è suo. L’azione di tracing non comporta particolari problemi quando la controversia riguardi beni individuati. Altra conseguenza del tracing è che una volta convertito il bene in un altro, questo bene è considerato appartenere in equity all’attore e quindi non ha alcuna rilevanza se esso, nel momento in cui viene appreso dall’attore, valga assai più di quello al quale l’attore avrebbe avuto altrimenti diritto.

[180] V. Lupoi, M.  ,op. cit. pp 34-35.

[181] Il conveyance è il tipo di deed relativo agli atti di vendita immobiliare. Per approfondimenti, v. Panforti M. D., La vendita immobiliare nel sistema inglese, Milano, 1992, pp 143-156.

[182] tale regola è emersa in Green v. Smith (1738) 1 Atk 572, e una sua applicazione successiva si è avuta in Freevale Ltd v. Metrostore (Holdings) Ltd (1984) 1 All ER 495

[183] la regola risale a Keech v. Sanford (1726) SEl Cas Ch 61 riguardante un trustee di un leasehold. La giurisprudenza successiva ha esteso l’applicazione della regola sia oggettivamente a casi diversi dal leasehold, sia soggettivamente a qualunque fiduciario, portando alla enunciazione fornita.

[184] Guinness plc v. Saunders (1988) 1 WLR 863, la Guiness lancia un’offerta pubblica di acquisto sulle azioni di una società concorrente. Il CDA affida la realizzazione dell’operazione a un sotto comitato composto da tre amministratri. Chiusasi l’offerta di acquisto con successo uno di loro chiede al sotto comitato un onorario di lire 5, 2 milioni in favore di una società di consulenza da lui controllata. Il comitato, informato del legame, delibera favorevolmente e la Guinness versa la somma richiesta. Venuto il CdA a conoscenza del pagamento, la Guinness conviene l’amministratore in giudizio e la Court of Appeal stabilisce che l’amministratore sia constructive trustee  della somma versata dalla società da lui controllata

[185] V. Boardman v. Phipps (1967) 2 AC 46, esaminata da Underhill, Trusts, op. cit., pp. 316-319, 324-325

[186] V. Chan v. Zacharia (1984) 53 ALR 417

[187] V. Regier v. Campbell- Stuart (1939) Ch 766

[188] L’art. 37(2)(b) TTA stabilisce che la corte possa dichiarare l’esistenza di un constructive trust o di un resulting trust.

[189] Il soggetto deve essere minore di età e il suo diritto può essere definitivamente acquisito o da acquisire, anche al raggiungimento della maggiore età o di una diversa età o al verificarsi di un deter­minato evento.

[190] Art. 26(5) TTA.

[191] Art. 26(4) TTA.

[192] Art. 26(6) TTA.

[193] Art. 1695 cod. civ.

[194] Art. 1706 cod. civ.

[195] Art. 54 TTA.

[196] Berti Riboli E., La legge di Malta sui trust : l’introduzione del trust nel diritto civile maltese, Assago 2007.

[197] Cfr. Lupoi M., Istituzione del diritto dei trust e dei negozi di affidamento fiduciario, Padova, 2008.

[198] Art. 9(4) (a) TTA

[199] Persone che siano o meno viventi al momento in cui, secondo le clausole del trust, il componente della categoria deve essere determinato.

[200] Art. 9(4) (b) TTA

[201] Art. 9(5) TTA

[202] Art. 35(1) TTA.

[203] Per esempio nel caso in cui il vantaggio sia subordinato al prendersi cura di una persona durante la sua vita.

[204] Art. 9(11) TTA.

[205] Art. 9(7) TTA.

[206] Art. 9(9) TTA.

[207] Art. 9(8) TTA.

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