ABFGiurisprudenza banche

Arbitro Bancario Finanziario – Napoli, Decisione del 11 ottobre 2023, n. 9795

COLLEGIO DI NAPOLI

composto dai signori:
(NA) CARRIERO
Presidente
(NA) DOLMETTA
Membro designato dalla Banca d’Italia
(NA) MARIANELLO
Membro designato dalla Banca d’Italia
(NA) NERVI
Membro di designazione rappresentativa
degli intermediari
(NA) VERDICCHIO
Membro di designazione rappresentativa
dei clienti
Relatore MARCO MARIANELLO

Seduta del 26/09/2023

FATTO

L’istante, a cui si associa la cointestataria del ricorso, riferisce di avere stipulato unitamente al coniuge con l’intermediario convenuto un contratto di mutuo a tasso variabile a rata protetta con “valore floor”, che prevede l’applicazione di un tasso d’interesse pari a zero se il tasso di riferimento assume valori negativi e l’aumento del numero delle rate nel caso di incremento del medesimo tasso, creando di fatto uno squilibrio nel rapporto contrattuale. Rimasto insoddisfatto dell’interlocuzione avvenuta in sede di reclamo, si rivolge all’Arbitro, al quale chiede “l’eliminazione del floor” poiché ritenuto vessatorio ed il conseguente ricalcolo delle rate del mutuo. L’intermediario, ritualmente costituito, rileva che nel novembre 2018 stipulava con i clienti un mutuo a tasso variabile, in cui le modalità di determinazione del tasso di interesse e di elaborazione del piano di ammortamento, contenute negli artt. 3 e 4 del contratto, sono state chiaramente indicate ai mutuatari. In concreto il tasso è pari all’Euribor 3 mesi/365, rilevato il giorno 20 del mese precedente a quello di inizio di competenza della rata di ammortamento, maggiorato di uno spread – pari a 1,68 punti percentuali – definito anche come soglia minima (c.d. floor). Dall’analisi delle disposizioni contrattuali richiamate si evince che il tasso da applicare al mutuo non potrà essere inferiore alla predetta soglia minima, anche nel caso in cui il parametro di riferimento dovesse assumere valori negativi.
Tale circostanza risulta espressamente indicata anche nel Prospetto Informativo Europeo Standardizzato (c.d. PIES) allegato al contratto, il quale riporta in maniera intellegibile ai clienti che, indipendentemente dalle variazioni dell’Euribor di riferimento, il tasso di interesse applicato non potrà essere inferiore al predetto tasso floor. Inoltre i mutuatari, successivamente alla stipula del contratto, hanno ricevuto le rendicontazioni al 31 dicembre di ogni anno, con indicazione specifica del capitale restituito e degli interessi versati nonché dell’andamento del parametro di indicizzazione. Il resistente ritiene, quindi, che la previsione di una soglia minima del tasso d’interesse non determina un significativo squilibrio del sinallagma contrattuale ma attiene alla determinazione dell’oggetto stesso del contratto. Il mutuo bancario, infatti, è un contratto oneroso che comporta l’obbligo per il mutuatario di corrispondere al soggetto mutuante gli interessi sul capitale erogato. Ne deriva, per assurdo, che le oscillazioni del parametro di riferimento potrebbero determinare sia la sostanziale gratuità del contratto per il mutuatario che l’obbligo per la banca di corrispondere al cliente interessi sulle somme dallo stesso ricevute. L’intermediario richiama anche una decisione della Corte di Giustizia Europea del 21.12.2016, secondo cui una clausola riguardante la determinazione dell’oggetto del contratto può considerarsi abusiva solo se il consumatore non ha ricevuto nella fase precontrattuale una corretta informativa sulla stessa. Nella fattispecie concreta, invece, i mutuatari sono stati informati sulle caratteristiche del mutuo e sugli effetti della clausola floor la quale, pertanto, è perfettamente valida. La valutazione, da compiersi anche ai sensi dell’art. 34 del Codice del Consumo, non potrebbe prescindere dalla considerazione delle “circostanze esistenti al momento della sua conclusione”, ovvero dal momento in cui è stato stipulato il contratto.
L’Euribor 3 mesi/365, infatti, era addirittura negativo (- 0,32%) alla data della delibera e l’assenza di una soglia minima (c.d. floor) relativa al tasso di interesse avrebbe reso non conveniente l’erogazione del capitale per il soggetto finanziatore. Il resistente, richiamate diverse decisioni della Giurisprudenza di merito e dell’ABF chiede nelle proprie conclusioni il rigetto delle domande formulate dai ricorrenti, in quanto infondate in fatto ed in diritto.

DIRITTO

I ricorrenti lamentano la vessatorietà della clausola floor contenuta in un contratto di mutuo a tasso variabile, stipulato con l’intermediario convenuto nel novembre 2018. I medesimi, in particolare, ritengono che da tale clausola derivi uno squilibrio nel rapporto contrattuale, atteso che quest’ultimo prevede l’applicazione di un tasso di interesse pari a zero, nel caso in cui il parametro di riferimento (Euribor 3 mesi/365) assuma valori negativi e, in caso di aumento dello stesso, l’allungamento della durata del prestito. Gli istanti, pertanto, chiedono l’eliminazione della clausola ed il conseguente ricalcolo delle rate nei mesi in cui l’Euribor ha assunto valori negativi. L’intermediario, dall’altro lato, rileva che la fissazione di una soglia minima è sottesa ad evitare che il mutuo possa divenire gratuito o, addirittura, remunerativo per la parte mutuataria nei periodi in cui la curva dei tassi di riferimento era negativa. Per quanto attiene quest’ultimo profilo, merita di essere evidenziata la circostanza che il Collegio di Coordinamento ABF ha enunciato il seguente principio di diritto: “Nel contratto di mutuo non è genericamente configurabile un tasso di interesse negativo che incida sul capitale mutuato. Conseguentemente, quando il tasso di interesse sia stato pattuito in misura variabile, esso non può assumere valore negativo in alcun momento della durata del contratto” (Collegio di Coordinamento ABF, n. 24070/18). I Collegi territoriali, inoltre, non hanno ritenuto tale clausola vessatoria ex art. 33 del Codice del Consumo, statuendo l’illegittimità della predetta pattuizione ex art. 34 del Codice del Consumo soltanto qualora la stessa non risulti formulata in maniera chiara e comprensibile (Collegio ABF Milano, nn. 3872/23 e 4239/23; Collegio ABF Roma, n. 6935/22). Ciò premesso si rileva che, in forza dell’art. 4, co. 2, del contratto in esame, il tasso di interesse variabile applicabile al mutuo è pari a quello di riferimento (Euribor a 3 mesi/365) maggiorato di uno spread fisso (pari all’1,68%), che costituisce la soglia minima (c.d. floor) anche nei casi in cui tale parametro assuma valori negativi. Nel Prospetto Informativo Europeo Standardizzato (c.d. PIES) allegato al contratto, inoltre, si precisa in maniera chiara e comprensibile che: “Il tasso di interesse annuo variabile non potrà in ogni caso essere inferiore al tasso minimo (c.d. floor) pari all’1,68%, indipendentemente dalle variazioni del parametro di indicizzazione ovvero anche qualora il parametro di indicizzazione si attestasse su valori negativi (inferiori a zero) e il valore di tale parametro, maggiorato dello spread, fosse inferiore al tasso minimo”. Nel caso di specie, pertanto, l’andamento dei tassi Euribor è stato negativo dal momento della stipula del mutuo (ovvero dal novembre 2018) sino al mese di luglio 2022, per poi risalire verso valori positivi. Il recente andamento della curva dei tassi si è concretamente tradotto nell’allungamento del periodo di ammortamento del finanziamento. Infatti, con particolare riferimento alla durata, l’art. 3, co. 3, del contratto, prevede testualmente che: “Ogni 12 (dodici) rate (scadenza annuale) sarà ri-determinato l’importo delle 12 (dodici) rate successive. Tale importo potrà:

a. rimanere uguale a quello delle rate dei 12 (dodici) mesi precedenti se il capitale residuo da rimborsare alla scadenza annuale è minore o uguale a quello previsto dal piano di ammortamento iniziale alla stessa scadenza annuale;

b. aumentare rispetto a quello delle rate dei 12 (dodici) mesi precedenti se il capitale residuo da rimborsare alla scadenza annuale è superiore a quello previsto dal piano di ammortamento iniziale alla stessa scadenza annuale”.

In entrambi i casi la durata potrà variare, in relazione al capitale da rimborsare e al tasso in vigore, sia in diminuzione che in aumento. In quest’ultimo caso la durata del mutuo potrà variare fino a 40 anni e, qualora alla scadenza dei 40 anni sussista un capitale residuo, lo stesso dovrà essere rimborsato entro il termine di ulteriori 5 anni.
Pertanto, per effetto delle variazioni in aumento del parametro di indicizzazione, la durata del mutuo (inizialmente stabilita in 30 anni) potrebbe avere una durata massima di 45 anni.
Nel caso di specie non è disponibile il nuovo piano di ammortamento elaborato dopo la variazione dei tassi, ma appare evidente che la ridefinizione del periodo di ammortamento del prestito, alle condizioni indicate in contratto, è espressamente prevista anche dal PIES, secondo cui: “la durata massima del mutuo, a seguito di variazioni in aumento del parametro di indicizzazione, potrà essere di 45 anni”. In conclusione, si osserva che la clausola floor e le disposizioni relative alla durata sono state espressamente previste all’interno del contratto nonché portate a conoscenza dei clienti nella fase precontrattuale (in senso conforme, Collegio ABF Milano, n. 3738/23). Nel caso di specie, pertanto, non si rinvengono elementi che possano portare a ritenere che la clausola floor sia stata formulata in modo oscuro o poco comprensibile e/o assuma natura vessatoria, con conseguente integrale rigetto delle domande formulate dai ricorrenti.

P.Q.M.

Il Collegio non accoglie il ricorso.

IL PRESIDENTE

PUBBLICAZIONE

Arbitro Bancario Finanziario, Sito Ufficiale, 2023, decisione disponibile gratuitamente on line sul sito istituzionale.

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