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Quando decade una cartella di pagamento?

Come funziona il discarico automatico delle cartelle di pagamento e dopo quanto tempo si verifica?

La riforma fiscale ha definito un limite massimo di tempo entro cui l’Agente per la Riscossione può procedere al recupero delle somme in presenza di un contribuente insolvente. Questo limite non ha nulla a che vedere con la prescrizione del debito. Difatti, se il primo determina solo l’abbandono dei tentativi di riscossione, il secondo invece comporta la definitiva estinzione del diritto di credito. In questo articolo, proprio a chiarimento di ciò, vedremo quando decade una cartella di pagamento: comprenderemo quindi che differenza c’è tra il discarico automatico e la prescrizione, cosa rischia chi è nullatenente e non può pagare, cosa succede se non è possibile avviare un pignoramento e, infine, quando la cartella perde efficacia. Ma procediamo con ordine.

Come funziona la riscossione?

Quando un ente pubblico vanta un credito nei confronti di un contribuente e non riesce a riscuoterlo con “le buone”, ossia con la notifica dell’avviso di accertamento, incarica l’Agente per la Riscossione Esattoriale affinché avvii le pratiche del recupero forzoso attraverso il pignoramento.

Quindi ci sono due soggetti: da un lato l’ente titolare del credito (si pensi all’Agenzia delle Entrate per il pagamento dell’Irpef, dell’Iva o dell’imposta di registro, oppure al Comune per l’Imu e la Tari, la Regione per il bollo auto) e dall’altro c’è l’esattore (che, per i crediti erariali è attualmente Agenzia Entrate Riscossione e, per quelli degli enti locali, è spesso una società privata convenzionata).

Una volta ricevuto l’incarico, l’Esattore (anche chiamato “Agente per la Riscossione Esattoriale”) procede a notificare la cartella di pagamento e ad avviare il pignoramento dei beni del contribuente se questi è solvibile e ha beni intestati.

Una recente riforma ha ridotto l’impiego della cartella di pagamento. Difatti, ormai il titolo esecutivo è già l’accertamento notificato dall’Agenzia delle Entrate o dall’Inps. Così, in tali ipotesi, l’Esattore si limita solo a inviare al contribuente un avviso di presa in carico, con cui gli comunica di aver ricevuto mandato per la riscossione forzata.

La notifica della cartella o dell’avviso deve avvenire al debitore entro 9 mesi dall’affidamento del carico all’Esattore.

La riscossione avviene tramite varie forme come:

  • iscrizione di ipoteca: solo per debiti superiori a 20mila euro;
  • pignoramento della casa: solo se non è l’unica di proprietà e sempre che il debito sia superiore a 120.000 euro e il valore complessivo del patrimonio immobiliare del contribuente superi anch’esso 120.000 euro;
  • pignoramento del quinto dello stipendio, anche se accreditato sul conto corrente;
  • pignoramento del quinto della pensione (anche se accreditata sul conto), detratto prima il cosiddetto “minimo vitale” (pari a due volte l’assegno sociale e comunque mai inferiore a 1.000 euro);
  • fermo auto (vi si ricorre per i crediti di basso importo);
  • pignoramento del conto corrente;
  • pignoramento crediti verso terzi, come ad esempio le fatture del professionista o i canoni di locazione.

Come funziona il discarico automatico delle cartelle di pagamento

Se l’Esattore si accorge che il contribuente non può pagare perché non ha beni pignorabili, deve procedere, dopo 5 anni, al discarico automatico della cartella. Questo significa che l’Esattore si spoglia dall’incarico che gli è stato dato dall’ente titolare del credito (incarico cioè di recuperare le somme). Sarà poi l’ente a decidere se:

  • rinunciare definitivamente al recupero del credito
  • oppure occuparsi personalmente della riscossione
  • o dare un nuovo mandato all’Esattore.

In particolare, il discarico automatico delle cartelle inesigibili deve avvenire entro il 31 dicembre del quinto anno successivo a quello dell’affidamento ad Agenzia delle Entrate-Riscossione.

Questa procedura prevede due deroghe. La prima attiene alla possibilità di anticipare il momento del discarico (prima quindi del quinto anno), in caso di:

  • chiusura del fallimento (ma occorrerà aggiornare questo sostantivo alle novità del codice della crisi d’impresa) o della liquidazione giudiziale
  • oppure assenza di beni aggredibili riscontrata mediante accesso all’anagrafe tributaria, in qualsiasi momento prima della procedura di discarico.

Resta, peraltro, fermo il potere dell’ente creditore di segnalare successivamente, e comunque prima della prescrizione del credito, la sussistenza di nuovi beni o fonti reddituali che potrebbero dare luogo a una attività di recupero con esito positivo.

La seconda eccezione al discarico automatico riguarda i carichi per i quali sono stati conclusi accordi in base al codice della Crisi d’impresa (la cosiddetta esdebitazione) oppure sono pendenti procedure di dilazione ordinarie oppure rivenienti da discipline agevolative (ad esempio, la rottamazione degli affidamenti).

Come funziona la prescrizione della cartella di pagamento?

Diversa è la prescrizione della cartella che, a differenza del discarico automatico, determina proprio l’estinzione a monte del credito. Ciò avviene se, dall’ultima notifica, sono decorsi i seguenti termini:

  • 10 anni per le cartelle aventi ad oggetto imposte dovute allo Stato (Irpef, Iva, Ires, bollo, Canone Rai, imposta catastale, ipotecaria, sulle successioni o donazioni);
  • 5 anni per le cartelle aventi ad oggetto imposte dovute agli enti locali (Imu, Tari), contributi previdenziali Inps o assistenziali Inail, sanzioni amministrative e multe stradali, interessi;
  • 3 anni per le cartelle aventi ad oggetto bollo auto.

Anche la prescrizione opera in automatico, senza bisogno di una sentenza che la dichiari. È tuttavia necessario fare opposizione all’eventuale sollecito di pagamento o al pignoramento, se la cartella è andata in prescrizione e ciò nonostante venga intrapresa la procedura di riscossione.

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