Cass. civ., sez. V, ord. 15 maggio 2025, n. 13022
Massima
In tema di contenzioso tributario, l’appello proposto dall’Amministrazione finanziaria è ammissibile anche se fondato sulla riproposizione delle argomentazioni già svolte a sostegno dell’atto impositivo, purché interpretabile nel suo complesso come contestazione delle statuizioni del giudice di primo grado, in conformità all’art. 53 del d.lgs. n. 546/1992.
Le dichiarazioni extraprocessuali rese da terzi e acquisite nel processo verbale di constatazione hanno valore di elementi indiziari e, se riscontrate da altri elementi oggettivi, possono fondare l’avviso di accertamento anche in assenza di contraddittorio.
L’inidoneità della contribuente a fornire prova contraria o a giustificare le movimentazioni bancarie emerse dall’attività ispettiva legittima l’uso di tali elementi indiziari per fondare la pretesa tributaria.
Nota a sentenza – Cass. civ., sez. V, ord. 15 maggio 2025, n. 13022
Appello “per relationem” e valore indiziario delle dichiarazioni di terzi nei processi verbali di constatazione: un bilanciamento tra garanzie e semplificazione dell’accertamento
1. Premessa e contesto normativo
La pronuncia affronta due profili giuridici rilevanti in ambito tributario:
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la validità dell’appello proposto dall’Agenzia delle Entrate mediante riproposizione delle argomentazioni già contenute nell’atto impositivo;
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il valore probatorio delle dichiarazioni rese da terzi e incluse nel processo verbale di constatazione (PVC), soprattutto quando il contribuente non abbia contestato in modo circostanziato i fatti addebitati.
I riferimenti normativi principali sono:
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l’art. 53 del D.lgs. 31 dicembre 1992, n. 546, che disciplina il contenuto dell’atto di appello;
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l’art. 39 del D.P.R. n. 600/1973 sull’accertamento induttivo;
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e i principi costituzionali in materia di contraddittorio e diritto di difesa (art. 24 Cost.).
2. Il caso concreto
Nel caso di specie:
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l’Agenzia delle Entrate proponeva appello avverso una sentenza di primo grado che aveva annullato un avviso di accertamento;
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il ricorso in appello si basava in larga parte su argomentazioni già espresse nell’atto impositivo, senza un’ampia riformulazione o analisi specifica delle motivazioni della sentenza impugnata;
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il giudice d’appello aveva accolto il gravame, valorizzando tra gli elementi probatori le dichiarazioni di terzi acquisite nel PVC, nonostante l’assenza di contraddittorio diretto con il contribuente.
3. I principi di diritto affermati dalla Cassazione
a) Ammissibilità dell’appello “per relationem” dell’Amministrazione finanziaria
La Corte ha riaffermato che l’appello dell’Agenzia non è inammissibile per il solo fatto di essere fondato su una riproposizione delle tesi già espresse nell’atto impositivo, purché dal contenuto dell’atto emergano:
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una chiara contestazione delle motivazioni della sentenza di primo grado,
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e un collegamento logico tra le censure e il decisum impugnato.
Viene così ribadita una posizione non formalistica, che mira a salvaguardare il diritto di difesa dell’ente impositore, purché il gravame sia comprensibile e non evasivo.
b) Valore indiziario delle dichiarazioni di terzi nei PVC
Altro profilo centrale riguarda la valenza probatoria delle dichiarazioni di terzi rese in sede di verifica e riportate nel PVC. La Cassazione conferma che:
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tali dichiarazioni, se non acquisite con contraddittorio, non costituiscono prova piena ma indizi gravi, precisi e concordanti, validi ai fini dell’accertamento presuntivo;
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il loro utilizzo è legittimo se supportato da altri elementi oggettivi (es. movimentazioni bancarie, dati documentali, logiche commerciali);
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la mancata contestazione circostanziata da parte del contribuente rafforza l’idoneità indiziaria di tali elementi, spostando su di lui l’onere di fornire prova contraria.
4. Profili critici e sistematici
Questa pronuncia, in linea con l’orientamento giurisprudenziale prevalente (Cass. 18074/2021; Cass. 15257/2019), evidenzia alcune tensioni tra:
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l’esigenza dell’Amministrazione di basarsi su elementi indiziari tipici del metodo induttivo, anche in mancanza di collaborazione del contribuente;
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e il diritto al contraddittorio, che rischia di essere svuotato se le dichiarazioni di terzi vengono valorizzate senza confronto dialettico.
La Corte tenta un bilanciamento, vincolando l’uso delle dichiarazioni extraprocessuali:
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alla loro riscontrabilità esterna;
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e all’effettiva inerzia difensiva del contribuente, che non abbia addotto valide giustificazioni o prove a discarico.
5. Implicazioni pratiche
Per l’Amministrazione finanziaria:
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è confermata la possibilità di proporre appelli sintetici e strutturati “per relationem”, ma occorre almeno una contestazione esplicita delle motivazioni di primo grado;
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le dichiarazioni acquisite in sede ispettiva sono valorizzabili a fini presuntivi, specie se accompagnate da altri riscontri.
Per il contribuente:
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è essenziale contestare specificamente le risultanze del PVC, spiegare le operazioni e fornire documentazione alternativa;
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in assenza di collaborazione e prova contraria, anche elementi non pienamente probatori possono legittimare l’accertamento.
6. Conclusioni
L’ordinanza n. 13022/2025:
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ammette un uso flessibile dell’atto di appello, a tutela dell’effettività del processo tributario;
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legittima l’impiego delle dichiarazioni di terzi nel PVC, se riscontrate e non contraddette dal contribuente;
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conferma che l’accertamento induttivo può fondarsi su un quadro indiziario articolato, specie in contesti di opacità contabile o bancaria.
La pronuncia rafforza così l’equilibrio tra semplificazione amministrativa e tutela giurisdizionale, stimolando al contempo un maggiore rigore nella fase istruttoria e difensiva.